Ladies and gentlemen, ecco a voi 10 street food tipici del Lazio, sfiziosi e golosi. Stappate le birre gelate e tutti a tavola, oggi si mangia con le mani al “Tutti Fritti Party”!
Molto spesso legate alle feste dei Santi, tra i fritti più noti c’è la Frittella di cavolfiore di Tuscania all’aroma di cannella per celebrare Sant’Antonio Abate a gennaio. A marzo si trasforma nel Frittello di San Giuseppe di Roccantica con le cimette di cavolfiori che crepitano in olio EVO della Sabina DOP.
Sempre a marzo ma in Ciociaria, la Crespella di Veroli è preparata in onore di Santa Francesca Romana. Le crespellare friggono nell’olio d’oliva gli anelli di farina e acqua, per poi spolverarli di zucchero. Nella frazione di Santa Francesca, infatti, la chiesa custodisce l’affresco quattrocentesco raffigurante la santa che ebbe tra le prime seguaci proprio alcune giovani verolane.
Sempre le crespelle e sempre nel Basso Lazio, in un’antica ricetta spiccano nel connubio con lo stoccafisso, o baccalà che dir si voglia. Tipicamente degustati dalla vigilia di Natale alla Befana, sono così buone che ormai si preparano tutto l’anno. Sono antenati o discendenti del filetto di baccalà fritto alla romana? Non si sa ma sicuramente sono parte della cultura culinaria giudaico – romanesca. Ma questa leccornia è tanto richiesta che qualche antica bottega romana si diletta nel preparare esclusivamente i filetti di baccalà fritti.
Accoccolato tra il Parco dei Monti Lucretili e quello dei Monti Simbruini, raggiungiamo Roviano. per assaggiare ju salavaticu. Re della sagra a settembre, questa grande frittella circolare è preparata semplicemente con acqua, farina, sale e profumate foglioline di mentuccia romana selvatica. La ricetta racconta la storia delle contadine che in passato portavano ai campi ju salavaticu nelle canistrelle, le ceste con il prezioso pranzo per i mariti.
La mentuccia romana ci ricorda un’altra erba aromatica, la salvia. Altro che patatine in busta, la salvia fritta vi stregherà! Immerse nella pastella e fritte, si sposano perfettamente con mozzarella e acciughe ma sono già da sole un antipasto da veri intenditori di tipicità del Lazio. Un piccolo segreto per degustarle al meglio: preparate la pastella con la birra o l’acqua frizzante per renderla più soffice!
E se friggiamo le foglie, perché non i fiori? Fate largo sulla tavola ai fiori di zucca fritti! Se li fate alla romana, o meglio alla giudaico – romanesca, dal cuore filante di mozzarella si deve affacciare l’alice, in tutta la sua mediterraneità. E non dimenticate di togliere i pistilli dai fiori prima di riempirli e immergerli nella pastella di farina, sale, uovo sbattuto e acqua o birra gelata.
Oh scusate, ci chiamano al telefono… è il Supplì! Un’istituzione a Roma, tanto che a braccetto con le sue innumerevoli varianti ha fatto ingresso anche nei ristoranti più raffinati. Cacio e pepe, amatriciano o classico, l’importante è che si rispetti la regola aurea: si mangia con le mani.
Perché si chiama supplì al telefono? Questa polpetta di riso fa capolino alla fine del Settecento, quando i soldati francesi di Napoleone scoprivano la “sorpresa filante” ed esclamavano “Surprise!” che in romanesco diventa “deve fatte er telefono”. Alla fine del 1800 sono nei menù delle trattorie con il nome di soplis di riso ma la loro storia nasce per strada. Il venditore ambulante s’aggirava di sera con la caldara colma d’olio fumante. Tra gli ammiratori più illustri del “supplittaro” romano incontriamo addirittura James Joyce. Ma la prima ricetta ufficiale è del 1929, quando Ada Boni li chiama al femminile le supplì e li condisce con una salsa speziata di regaglie di pollo, funghi e carne di maiale tritata.
E se è vero che un supplì tira l’altro, le mozzarelline fritte generano dipendenza! Molto diffuse in tutto il Lazio, sono entrate a pieni voti nell’Olimpo del Fritto alla Romana. Inutile dirvi che devono filare come i supplì. A chi soffre di crisi d’astinenza ricordiamo di guardare in freezer perché si possono surgelare. E già che siete davanti al frigorifero, prendete un Frascati Spumante DOC dei Castelli Romani, le accompagna meravigliosamente.
Arriviamo al dolce ma che sia tipico e fritto! Ci sarebbero le chiacchiere o frappe a Carnevale, ma non si può dir di no alle bombe con la crema. A colazione, a merenda e pure a notte fonda, come “bicchiere della staffa” per congedarci dagli amici, questo dolce è tipico di Roma e del Lazio. Non li chiamate krapfen né bomboloni, si offendono. L’impasto è infatti di farina, burro, uovo e zucchero e, dopo la lievitazione, è fritto e farcito con una quantità sfacciatamente esagerata di crema pasticcera!