Autunno, tempo di raccolta delle olive. Andiamo a rastrellarle a Stazzano Vecchio, una frazione di Palombara Sabina avvolta in un mistero dorato.
Siamo a metà strada fra Palombara Sabina e Moricone, in un borgo fantasma che se ne sta negletto nella Sabina Romana. La natura del Parco Naturale dei Monti Lucretili ha tentato di sovrastare il castello che resiste, fascinosamente fuso in uno scenario rurale che profuma di medioevo.
La storia di questo minuscolo borgo fortificato sembra iniziare in epoca costantiniana e continuare prima nelle mani della famiglia Savelli, i signori di Palombara Sabina, e poi in quelle dei Borghese intorno al 1600. La struttura era senza dubbio quella di un borgo-castello con un’unica porta d’accesso tra il torrione più esterno e la Chiesa di Santa Maria. Ancora oggi tra le rovine si conservano tre torri circolari, le mura e la torre di quasi 25 metri al centro del cortile.
Sull’origine del nome aleggia il mistero. Forse deriva dagli Stazi, la famiglia patrizia romana che costruì una villa rurale a Statianum dove, secoli dopo, sorse il castrum di Stazzano? O piuttosto da stazzo, l’area di sosta per il bestiame durante la transumanza sui monti Lucretili? Chissà.
Il mistero s’infittisce quando s’indaga sui primi popoli che vi s’insediarono. Forse furono gli Antichi Romani ma certo è che oggi è disabitato. Ma perché Stazzano Vecchio è diventata una “città morta”? Tutto accadde 120 anni fa, in seguito al terremoto del 1901, l’ultima di molte scosse telluriche in ben 200 anni. E quest’ultima “goccia” all’VIII grado della Scala Mercalli ha fatto traboccare il vaso. Il borgo fu abbandonato e i ruderi delle case servirono per costruire Stazzano Nuovo a 3 km di distanza.
Una storia triste ma con un lieto fine… dorato! Fate un giro a 360° dall’alto dello sperone calcareo dove si cela Stazzano Vecchia. Qui il panorama tra il monte Gennaro e il monte Soratte si spalanca su ondulazioni dolci dove il vento spettina le fronde di ciliegi e ulivi. Non vi siete persi, siete sulla Strada giusta, quella dell’olio EVO Sabina DOP. Non cercate un arcobaleno con la sua pentola piena d’oro, basta degustare il nettare di queste olive per capire perché lo chiamano l’oro verde!