Storia del paese
La storia di Sant’Elia Fiumerapido si lega strettamente a quella del vicino Monastero di Montecassino: infatti il primo nucleo abitato, fu fondato su una collinetta alla sinistra del fiume Rapido, dall’abate Mansone nell’anno 991.
Il nome deriva da una chiesetta dedicata al Santo Profeta, che preesisteva, costruita nell’VIII secolo, sulla riva sinistra del fiume e che era stata distrutta dai Saraceni.
Nel 1057, Papa Vittore II emanò una Bolla Pontificia in cui dichiarava completata la costruzione di 19 castella nel cassinate tra cui il “Castellum Sancti Heliae”.
In seguito continuò ad estendersi a valle della collinetta, attorno alla nuova chiesa dedicata a San Biagio (oggi sede dell’attuale Municipio).
Dopo la pace siglata nel 1230 da Federico II con Montecassino, Sant’Elia fu cinta da mura di difesa, a tratti ancora visibili, con undici torri e tre porte: quella verso sud accanto alla chiesa di San Biagio, detta Porta di Napoli, quella a nord detta Porta di San Cataldo e quella ad ovest, ancora esistente, detta La Portella.
Fece parte del Regno delle Due Sicilie e nel 1860, come l’intera Penisola, fu annessa al nuovo Regno Sabaudo dell’Italia Unita.
Nel 1862, per Regio Decreto, al nome Sant’Elia fu aggiunta la specificazione “sul Rapido” successivamente cambiata in “Fiumerapido”.
Continuò a far parte della Provincia di Caserta detta “Terra di Lavoro” fino al 1927.
In passato, le impetuose acque del fiume Rapido, avevano favorito l’insediamento di numerosi opifici (cartiere, lanifici, concerie per pellami, frantoi oleari e mulini per cereali); che fecero di Sant’Elia un importante centro industriale, in particolare per la produzione di carta e tessuti al servizio di Montecassino.
Durante il secondo conflitto mondiale, Sant’Elia Fiumerapido, situato lungo la linea Gustav, fu teatro di violenti rastrellamenti da parte delle truppe tedesche e di devastanti bombardamenti alleati, che provocarono la morte di numerosissimi civili e la totale distruzione dell’abitato. I lanifici furono distrutti e la grande Cartiera del Rapido, sorta nel XVI secolo ad opera di Montecassino e poi gestita nel tempo da privati, chiuse i battenti nel 1963.
Seguì povertà ed emigrazione continuando però a vivere una fiorente produzione agricola e olearia. Negli anni ’70 giunse la FIAT con tutte le industrie satelliti che comportarono la scomparsa delle botteghe artigiane e molti, fra artigiani e agricoltori, si convertirono in impiegati e operai metalmeccanici.
Cosa vedere
Il passato remoto del territorio santeliano conobbe presenze sannite, romane e bizantine. In località Casalucense , si ergono ancora tracce di poderose mura in opera poligonale risalenti al III secolo a.C. Nella frazione Valleluce sono ben visibili i resti dell’acquedotto romano che conduceva acqua potabile a Casinum. Di epoca romana è anche il bellissimo Ponte Lagnaro, del secondo secolo d.C.
Chiesa di Santa Maria Maggiore
Risalente all’ XI secolo, la chiesetta romanica si trova in contrada Santa Maria Maggiore. Al suo interno, oltre ad alcuni reperti di epoca romana, vi sono affreschi murali del XIII e XIV secoli. Il pavimento musivo del presbiterio risale anch’esso all’ XI secolo. Particolare, e uno dei pochi in Italia, è l’altare dipinto. La statua lignea della Madonna posta sull’altare è del seicento barocco napoletano.
Chiesa di San Michele Arcangelo
Sita in Valleluce ha origini antichissime. Nell’anno 797 l’Abate Gisulfo di Montecassino fece costruire un monastero benedettino che nel X secolo e per ben 15 anni, ospitò San Nilo da Rossano Calabro e i suoi monaci basiliani. A loro si deve la costruzione della prima chiesa in onore di San Michele Arcangelo. Nella parte, oggi sottostante, ancora restano due delle tre tipiche absidi. Altri resti si trovano nel sotterraneo. Nella sagrestia sono ancora visibili tracce di affreschi parietali medievali. Le colonne laterali dell’altare con i loro capitelli di ordine corinzio sono recuperi di epoca romana così come la colonnina dell’acquasantiera. L’antico monastero benedettino in cui visse San Nilo è ancora riconoscibile, lì nella piazza, pur se riattato ad abitazioni private.
Chiesa di Santa Maria la Nova
Eretta nel centro di Sant’Elia nel 1250, fu poi ingrandita nel 1700. L’ attuale monumento è un intreccio architettonico fra il romanico, il rinascimentale e il barocco. Vi si accede da due scalinate convergenti. L’imponente altare maggiore era di ordine barocco ma fu distrutto e restaurato con dimensioni più piccole. Alle spalle un prezioso coro ligneo settecentesco. Del 1692 è il grande organo a canne che si erge nella balconata sovrastante l’ingresso. Molte delle statue lignee settecentesche sono opera dello scultore Giuseppe Picano. Del 1300 è il grande Crocifisso incastonato sul secondo altare laterale destro. Cinquecentesco è il fonte battesimale alla destra dell’ingresso. La tela seicentesca della Sacra Famiglia sul secondo altare sinistro è opera del pittore Marco Mazzaroppi. I sei tondi con i Profeti, dipinti sulle parti laterali del coro, sono opera del primo ‘900 del pittore santeliano Enrico Risi così come le tre tele incastonate nel soffitto della navata centrale: l’Annunciazione, la Visitazione e la Natività. Il campanile della chiesa, con l’orologio tetragonale, è del 1700.
Il Santuario della Madonna delle Indulgenze
Sito sul colle di Casalucense ha origini antichissime. Nel 1300 i monaci benedettini di Valleluce eressero una chiesetta in quel luogo; qualche anno dopo le fecero dono della loro statua delle Indulgenze e lì si stabilì un monaco eremita. Cominiciarono così i primi pellegrinaggi per ottenere indulgenze plenarie e la primitiva chiesetta venne ingrandita. Nel 1865 iniziò la costruzione dell’attuale Santuario con convento a lato. La statua lignea della Madonna, sull’altare maggiore, è ancora l’originale trecentesca. Gli affreschi sono opera di Enrico Risi (fine 1800) e Giovanni Bizzoni (metà del 1900).
Chiesa della Madonna dell’Ulivo
La sua costruzione iniziò nel 1726 in località Olivella, dedicata all’epoca alla Madonna delle Grazie. Su un altare laterale sinistro vi è una tela settecentesca raffigurante “La visitazione della Madonna a Santa Elisabetta”. Sull’altare maggiore si innalza la statua lignea quattrocentesca della Madonna. Nel 1987 alla chiesa fu mutato il nome in Madonna dell’Ulivo.
Food
I prodotti del territorio hanno da sempre caratteristiche di alta qualità. La coltivazione dell’ulivo risale a tempi antichissimi: già in epoca romana l’ulivo e i suoi prodotti erano conosciuti e apprezzati. Di rilievo anche i vini, grazie alla presenza di vitigni francesi (Sirah, Cabernet Franc, Sauvignon) acclimatati in zona sin dalla metà del secolo scorso. Specialità tradizionali che meritano un assaggio sono: il Canascione Santeliano, un particolare pane ripieno; il Panemmollo, una zuppa di pane e verdure; la “Bistecca Santeliana”, un peperone ripieno fritto; il cavolo riccio, un prodotto agricolo dal gusto unico e antico.