La chiamano colazione ma più che colazione è un brunch della domenica, la domenica di Pasqua. Uova, carciofi, pizza cresciuta con la corallina o abbacchio, la tradizionale colazione inizia appena svegli e finisce prima di tuffarsi sul divano. E poi si ricomincia per proseguire a oltranza. Che abbia inizio la maratona gastronomica di Pasqua nel Lazio!
Simbolo di vita e fecondità, l’uovo è l’emblema della Pasqua e della Primavera. Già alcuni secoli fa i persiani ritenevano che l’uovo della gallina fosse un augurio di rinnovamento da parte Natura. Nella tradizione cristiana, il Venerdì Santo i bambini regalavano le uova benedette, il primo cibo che rompeva il digiuno.
Iniziamo dall’uovo sodo. Si fa presto a dire “uovo sodo”, ma quanti di voi lo fanno bene al primo tentativo? Per cucinarlo a puntino, tiratelo fuori dal frigo in anticipo e immergetelo in un pentolino pieno di acqua fredda. Lasciatelo bollire per 7-8 minuti, poi raffreddatelo subito in acqua fredda e il gioco è fatto!
Dipinte o decorate, possiamo saziare la nostra voglia di cioccolato con le uova ricoperte di zucchero e i più temerari con quelle stregate! La segretissima ricetta delle uova stregate è tramandata dalle monache di clausura benedettine a Veroli ma è… segretissima.
La frittata non può mancare sulla tavola pasquale, rigorosamente insaporita da due protagonisti primaverili: il carciofo e l’asparago. Fritto, ripieno, alla giudia, alla romana e sott’olio, nel Lazio c’è solo l’imbarazzo della scelta tra le ricette con il Carciofo Romanesco del Lazio IGP di Ladispoli, di Sezze o di Roma, dove si ama aggiungere la mentuccia.
Arriviamo nella Tuscia per assaggiare l’Asparago Verde di Canino IGP dal tipico colore verde brillante. Durante la Sagra a fine aprile si esprime al massimo nella padella da 2 metri di diametro in una frittata da record con oltre 1500 uova e quasi 120 kg di asparagi. Uno spettacolo da non perdere!
Non è Pasqua nel Lazio se in tavola non c’è la Corallina Romana tagliata a fette spesse quasi un dito. È un Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Lazio il cui nome curioso deriva dal tipo di budello del maiale impiegato per insaccare l’impasto, il corallo budello gentile. Il sapore dolcemente sapido vuole nella ricetta il pepe, ma a Rieti e Roma si aggiunge anche l’aglio mentre a Frosinone si mette il finocchio.
Accanto alla corallina troneggia il lombetto di maiale! È un altro Prodotto Agroalimentare Tradizionale del Lazio molto saporito. Si arricchisce con il pepe nero nella zona reatina dei Monti della Laga mentre in Ciociaria e nella Tuscia Viterbese è molto più speziato. La carne è bagnata nel vino, il rosso Cesanese del Piglio DOCG a Frosinone e il bianco nel Reatino e nel Viterbese. Si narra che nella Tuscia, sin dall’inizio del 1900, il lombetto di maiale si degustasse nella colazione di Pasqua e durante le scampagnate a Pasquetta per accompagnare la Pizza di Pasqua, sia dolce che al formaggio.
Qualcuno ha detto Pizza di Pasqua? Dolci o salate, il simbolismo religioso è legato al grano e quindi all’Eucarestia, il Corpo di Cristo risorto. Simili nella forma, variano negli ingredienti nelle diverse province del Lazio ma hanno tutte una caratteristica in comune: tempi lunghi di preparazione. Entriamo nel mondo delle innumerevoli ricette laziali.
Tipica del centro Italia, quella al formaggio troneggia a Pasqua nell’Alto Lazio. Una sorta di pane lievitato con parmigiano, pecorino ed emmenthal, ottimo da gustare anche da solo, con quel retrogusto pepato… mmh!
La pizza che se fa’ a Civitavecchia
sotto la Pasqua, è cosi combinata:
zucchero, ova, cannella, cioccolata,
vino speciale de riserva vecchia;
Ricotta, farina, anice stellata,
e su base de ‘na ricetta vecchia,
olio de semi, burro e poi ‘n ‘antecchia
d’arkermes e vaniglia zuccherata.
A Civitavecchia chiamano l’ora “de la sciorta della Gloria” il momento in cui la pizza pasquale arriva sulla tavola imbandita. Civitavecchia la fa da padrona nel dettare la ricetta in provincia di Roma. I versi di un poeta locale svelano in rima l’ingrediente che la distingue dalle altre pizze laziali, la ricotta.
La Palombella è invece un dolce pasquale tipico della provincia di Rieti. Si tratta di una ciambella ricoperta da granella di zucchero con al centro un uovo sodo. In tempi antichi, il Sabato Santo si era soliti portare la Palombella in chiesa per farla benedire e mangiarla durante la colazione pasquale. La preparazione tradizionale impegna ancora oggi per l’intera giornata poiché deve lievitare due volte e a distanza di molte ore.
Tanto a Sezze quanto a Terracina si sforna il tórtolo, una pagnotta di pane rotonda da addentare con la corallina romana. Molto simile al tortolo è la viscotta di San Felice Circeo, il “pane di Pasqua” dal sapore dolce.
Una certa somiglianza con la viscotta si nota nella Pigna Ciociara, anche se quest’ultima ha una forma appuntita che spiega un nome così curioso. Altri segni particolari? Buonissimo e profumato da uvetta e canditi, vaniglia e cannella, limone e liquore dolce.
E ora tutti in piedi, entra l’Abbacchio! Un must della cucina pasquale romana, laziale e italiana. L’Abbacchio Romano IGP è preparato con le carni di agnelli allevati e macellati solo nel Lazio. La Coratella d’abbacchio coi carciofi è un piatto antico tipico della cucina giudaico romanesca. Si prepara con ingredienti poveri: fegato, polmoni e cuore, parte del famoso “quinto quarto”. Un tempo, il quinto quarto comprendeva quelle interiora e frattaglie lasciate al popolo, un avanzo dai quattro tagli di macellazione, ossia i quarti pregiati destinati agli aristocratici romani. Il segreto di questo piatto? Cuocere uno alla volta gli ingredienti secondo il loro grado di “durezza”.
Ora indossate il vostro pigiama migliore, calzettoni ai piedi, bigodini in testa e…
Buona Pasqua a tutti!