Il Parco Antichissima città di Sutri è un parco regionale urbano di 7 ettari, situato in uno dei più suggestivi angoli della Tuscia viterbese.
Il Parco ci accoglie con la sua bellezza poco prima dell’ingresso nella città.
Le origini di Sutri si perdono nella leggenda che la vuole anticamente fondata dal Dio Saturno, da cui avrebbe preso il nome. Proprio la divinità romana si trova raffigurata nel simbolo del Parco.
L’area protetta comprende diversi monumenti ed edifici di rilevanza storico-archeologica di cui forse il più iconico è l’anfiteatro romano, situato nell’area archeologica non molto distante dall’ingresso.
Si tratta di un raro esempio di edificio di epoca romana scavato interamente nel tufo, che trova analogie con quello di Cagliari e Leptis Magna.
Non si trovano dunque murature di sostegno ma un unico blocco ricavato nella pietra. Proprio la semplicità della costruzione l’ha fatta datare all’epoca repubblicana o inizio imperiale (I sec. a.C – I sec. d.C.). L’anfiteatro doveva contenere circa 7000 persone, disposte su tre ordini di gradinate. E’ possibile percorrere una delle gallerie retrostanti che portavano all’ingresso ai posti e immergersi nella storia. L’anfiteatro è ancora vivo e ospita prestigiose rassegne di musica, danza e teatro.
Percorrendo la via Cassia si possono apprezzare un gruppo ampio di necropoli rupestri scavate nel tufo, testimonianza dell’architettura romana in territorio etrusco-falisco. I romani erano soliti edificare le loro città dei morti appena fuori gli abitati principali, ma in questo caso il sito ha origini molto più antiche, su cui sono state operate delle aggiunte.
Nella necropoli sono riconoscibili 64 tombe scavate direttamente nel tufo e disposte su vari livelli. Si tratta di un percorso di circa 180 metri in cui si possono apprezzare tombe a camera, a doppia camera, nicchie rettangolari, tombe precedute da ingresso ad arco. Tutto il complesso rimase in uso in un periodo temporale compreso tra il I sec a.C. e il III – IV sec. d.C.
Le sepolture prevedevano sia la pratica dell’inumazione (sepoltura a terra) che dell’incinerazione.
Il luogo forse più magico tra quelli che si incontrano nel Parco è il Mitreo. Gli studi archeologici ipotizzano che questo luogo ipogeo fosse appunto dedicato all’antica divinità persiana Mitra. I ritrovamenti di un rilievo dedicato al Dio Mitra avvalorano questa tesi.
Il culto di Mitra è antichissimo anche se non rimangono tracce scritte della sua presenza nei testi iranici più antichi, ossia negli Avesta.
Lo troviamo tuttavia nei testi altrettanto antichi della cultura indiana i Veda, a testimonianza dell’estensione geografica del culto. Il culto rimase attivo per secoli fino a raggiungere la cultura ellenistica, periodo in cui è estesamente seguito.
Mitra era Dio della caccia e creatore del mondo. Nell’iconografia è rappresentato nell’atto di catturare e trafiggere il toro, che poi viene sacrificato nel banchetto rituale.
Alle origini Mitra era cacciatore tra un gruppo di uomini cacciatori, che lo riconoscono come divinità. Va detto che tra le organizzazioni umane quella dei cacciatori risulta essere “l’alleanza” più remota, per cui Mitra rappresenta anche il Dio del patto e dell’alleanza. Strettissimo appare nel culto proprio il rapporto tra alleanza, caccia e sacrificio. Durante il banchetto rituale del toro in molte raffigurazioni Mitra si trova a tavola con Sol il Dio del Sole, mentre solleva i corni. La tavola è ricoperta dalla pelle del toro e intorno alla mensa ci sono un gruppo di servi con le maschere degli iniziati, raffiguranti il Leone e il Corvo.
La struttura dell’ambiente-mitreo di Sutri presenta tutte le caratteristiche tipiche dei luoghi dedicati al culto. Si può osservare una navata centrale del santuario che termina con una volta a botte e due piccole navate laterali.
Su queste ultime ci sono i banconi che venivano utilizzati dai fedeli per il banchetto durante il culto. Le pareti sono splendidamente affrescate con dipinti risalenti all’epoca paleocristiana. Nell’abside si trova un affresco che rappresenta la Natività. Il dipinto più significativo è quello raffigurante San Michele Arcangelo a cui il luogo fu dedicato in epoca cristiana, quando venne trasformato in chiesa. Insieme alla rappresentazione della Madonna e Santi e San Cristoforo, l’affresco abbellisce il vestibolo d’ingresso a pianta quadrata.
Successivamente tra il XIII e il XIV secolo la chiesa fu consacrata alla Vergine, assumendo il nome definitivo di Chiesa di Santa Maria del Parto.
Sul colle che sovrasta il parco è sita Villa Savorelli, una delle ville storiche più suggestive di tutta la Tuscia viterbese.
La Villa (XV-XVIII sec.) è testimonianza di secoli di storia che abbracciano Rinascimento, Barocco e Romanticismo. L’edificio ha una struttura a pianta quadrata e si estende su tre piani. Della Villa fa parte anche uno splendido giardino all’italiana di fattura rinascimentale, con siepi a bosso modellate secondo forme originali che le rendono dei veri e propri monumenti naturali. Il giardino è suddiviso in tre riquadri.
Uno di questi si estende dalla Villa fino alla Chiesa della Madonna del Monte. Quest’ultima fu costruita in epoca medievale e subì un rifacimento nel corso del ‘700, quando venne trasformata con l’apertura di un vano absidale, che le donò maggiore prospettiva.
Anche la facciata venne rifatta in stile borrominiano, con due torri campanarie, in modo che il complesso potesse essere visibile da tutta la città.