Morlupo è arroccata su uno sperone di tufo a ferro di cavallo, cinto da rupi a strapiombo, con case a schiera che dominano la Valle del Tevere, a circa 30 km da Roma. Qui, in epoca romana, sorgeva la statio Ad Vigesimum, la mansio del XX miglio dell’antica via Flaminia.
Morlupo è stata il set per il piccolo e grande schermo. Alcune scene del telefilm “Liberate mio figlio”, lo sceneggiato ispirato sequestro di Cesare Casella, sono state girate in Piazza Giovanni XXIII. La stessa location è stata scelta per parte del film “I morti non pagano tasse” di Sergio Grieco, mentre il cimitero cittadino ha dato vita a scene epiche nel film “Grande, grosso e Verdone”.
Il borgo ha dato i natali alla venerabile Caterina Paluzzi (1573-1645), fondatrice del monastero delle domenicane ora abbandonato, al poeta dantofilo Domenico A. Venturini (1808-1876) e al romanziere Antonio G. Quattrini (1877-1936).
Nel borgo incontriamo il Castello degli Orsini, distrutto nel 1433 per essere ricostruito da Antimo Orsini nel 1598, e il Palazzetto Borghese d’inizio Seicento, abbellito dalle modanature all’ingresso e sul balcone, originariamente della famiglia Mattei e oggi di proprietà privata.
I ritrovamenti nel Forum Morolupum di alcune catacombe cristiane dimostrano che la zona era già abitata nel IV-V secolo. Le origini di Morlupo sono collegate ai Capenati, la fiorente popolazione italica precedente l’avvento di Roma stanziatasi lungo la riva destra del Tevere, accanto a Falisci, Sabini e al territorio etrusco di Veio. Imperdibile la visita delle bellezze naturali dove questi popoli si stanziarono: il Parco di Veio, il Monte Soratte e la Riserva Naturale Tevere-Farfa.
A tavola a Morlupo assaggiate la salsiccia Baciona, con la Sagra nell’ultima domenica di ottobre dal 1967: al centro della piazza principale si cuociono salsicce sulla brace di legna di quercia mentre si legge la “Bolla” del 1967, un testo tra il serio e il faceto che ne esalta il sapore senza mai rivelarne la ricetta.