Forse tutti sanno che a Roma c’è una Porta Alchemica. Ma sapete che ce n’è un’altra nel Lazio, a Rivodutri? Partiamo da questa “chicca” per raccontarvi misteri, enigmi e curiosità poco note che aleggiano sulle Valli Reatine.
Dunque dicevamo della Porta Alchemica in piazza Vittorio Emanuele II. È l’unica ancora visibile delle cinque d’accesso alla villa Palombara, costruita alla fine del 1600 dal marchese Massimiliano Savelli Palombara, appassionato di alchimia. Pare che le iscrizioni enigmatiche siano ispirate a un pellegrino a caccia di piante che producessero oro nel giardino di questa villa. All’improvviso, costui si dileguò lasciando delle tracce d’oro puro, creato dal nulla in una sola notte. In molti pensano si tratti dell’alchimista eretico Francesco Giuseppe Borri, scomparso dopo aver attraversato la Porta Alchemica di Villa Palombara, dove si rifugiò per sfuggire alla Santa Inquisizione. Oltre alle pagliuzze d’oro, lasciò delle formule alchemiche, in seguito incise dal marchese sulle porte, una sorta di istruzioni per creare la Pietra Filosofale.
In molti hanno provato a capire i messaggi sull’ingresso noto come Porta Magica, Porta Ermetica o Porta dei Cieli. Il sigillo di Davide rimanda alla setta dei Rosacroce mentre i simboli alchemici sugli stipiti rappresentano i pianeti associati ai metalli. Cogliete la sfida che il marchese lanciò molti secoli or sono: chi riesce a decifrare la simbologia della Porta Alchemica scopre il segreto della Pietra Filosofale!
E se non riuscite a sciogliere gli arcani di quella di Roma, provate con l’Arco Alchemico a Rivodutri. il borgo è immerso dall’anno Mille nella Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile.
Nel bel mezzo del centro storico di Rivodutri, si staglia un portale con criptici bassorilievi scolpiti su pietra calcarea, carico di simboli e iscrizioni di natura alchemica, mitologica e sacrale. Ancor oggi avvolti in un alone di mistero, temi teologici dei Gesuiti si mescolano a simboli cabalistici e scene tratte dal Nuovo Testamento. Nelle formelle, s’intrecciano alcuni miti greci al pensiero alchemico del Rinascimento. E come in una vecchia pellicola del cinema muto, scorrono sotto agli occhi le vicende di Mercurio, della Fenice e dell’Opus Alchemico, le allegorie delle stagioni e dei quattro elementi naturali, lasciando dubbi sull’interpretazione e il senso dell’opera.
Costruita a cavallo tra il 1500 e il 1600, la Porta Santa di Rivodutri si apre su un giardino con vista panoramica a perdita d’occhio sulle Valli Reatine. Proprio qui, tra Greccio e Poggio Bustone, si spalanca la Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, zona umida e ideale per il birdwatching. Numerose specie di uccelli nidificano qui, sorvolando canneti e ninfee gialle dalle vistose fioriture a pelo d’acqua. E poi salici, sambuchi, pioppi e arbusti di luppolo, tradizionalmente utilizzato nelle ricette locali. Nei due laghi, Lungo e Ripasottile, convivono la scardola, il luccio, la tinca e l’anguilla, mentre nei canali scodinzolano le trote di torrente.
Fascinosamente addossato a una rupe, Rivodutri cela altri segreti. Incastonato tra i monti Reatini, tra il Faggio e la chiesetta di San Francesco a quota 1000 metri, scintillano le Sorgenti di Santa Susanna, monumento naturale dal 1977. Sembra il fantastico mondo di Narnja, ma siamo nel Cuore d’Italia! Si narra che qui le puerpere si abbeverassero per avere latte in abbondanza. In queste acque cristalline abbonda anche il pesce d’acqua dolce con un trionfo di piatti tipici, come la carpa al sesamo.
La trota di fiume, la regina delle acque limpide e gelide nell’incontaminata Valle Santa Reatina, ha pregiate carni magre dal gusto delicato. Sono un’ispirazione per i ristoratori locali in rivisitazioni in chiave moderna di antiche ricette, come la trota sott’olio alle erbe aromatiche o in crosta di patate.
E proprio in questo eden acquatico si nasconde un segreto. Qui si celebra il prodigio della Nascita di Gesù… sott’acqua! Sono pochi in Italia i Presepi Subacquei e questo alla Sorgente di Santa Susanna è l’unico in una sorgente naturale. Da oltre 20 anni, le statue della Natività in vetroresina, alte circa 1,30 metri, sono poste sul fondale e illuminate anche di notte.
Riuscite a immaginare l’emozione che regala uno spettacolo del genere? Noi ne siamo pervasi a tal punto che… facciamo uno spuntino per calmarci!
Vi sveliamo un ultimo mistero. Nessuno riesce a capire se sia nata prima la gricia o l’amatriciana. Dagli ingredienti che insaporiscono queste due salse, potrebbe sembrare che sia nata prima la gricia, ma conosciamole meglio.
Fin dall’antichità, il luogo prediletto per degustarla è stata l’osteria, quei ristorantini “alla buona” sorti nell’Antica Roma. Si narra che nel 400 d.C. si preparò nelle osterie per la prima volta la pasta alla gricia, oggi detta “amatriciana in bianco”.
Il nome “gricia” pare provenga dai Grici, i panettieri che dal cantone svizzero dei Grigioni emigrarono a Roma e fecero della panificazione un’arte i cui segreti si tramandavano solo di padre in figlio e, soprattutto, mai ai romani. La bottega era anche la loro casa e, quando il languore bussava alla bocca dello stomaco, preparavano piatti semplici, come la gricia.
Ma la storia continua. Altri esperti divoratori di pasta sostengono che la gricia sia nata a Grisciano, la piccola frazione di Accumoli dalla quale solo in seguito si esportò la deliziosa ricetta fino a Roma.
Chissà chi ha ragione, fatto sta che a 15 km da Grisciano è nata la pasta all’amatriciana, piatto simbolo della cucina italiana originario di Amatrice. Caso strano, potremmo definirla “gricia al pomodoro” perché i pomodori per la salsa sono arrivati in Europa dall’America solo molti secoli dopo!
Noi un po’ di curiosità ve le abbiamo raccontate, ora inizia il vostro viaggio nel Cuore d’Italia!