Lasciamo raccontare alle tante, tantissime location cinematografiche nel Lazio la storia e le storie di Alberto Sordi, l’attore, il regista, lo sceneggiatore, e poi cantante e doppiatore che ha portato la romanità sul grande e piccolo schermo.
Cacciato dall’Accademia dei Filodrammatici per il suo smaccato accento romanesco, ironia della sorte, proprio la caratterizzazione di vizi e virtù dell’italiano medio è divenuto il suo “cavallo di battaglia”. Con circa 200 film realizzati, l’Albertone Nazionale ha saputo calcare la scena con Monica Vitti, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica e Ugo Tognazzi. E ancora, Aldo Fabrizi e Anna Magnani.
Come recita la targa a via di San Cosimato 7, la sua prima casa a Trastevere, sono inconfondibili le tracce nella storia del cinema italiano dell’
“attore ed indimenticabile interprete della Storia di ogni Italiano… parte ormai indelebile di ognuno di noi”.
A Ronciglione nel 1956, veste i panni di un dongiovanni convinto che solo il celibato lo renda un uomo libero ne “Lo Scapolo” di Antonio Pietrangeli. Duettando con un altro mostro sacro come Nino Manfredi, capitolerà celebrando le sue nozze nella Chiesa di Santa Maria dell’Orto nella sua Roma trasteverina.
Nel 1953, Federico Fellini gira “I Vitelloni” tra Firenze, Viterbo, Roma e il lido di Ostia. Nella trama s’intrecciano le storie di cinque amici, cinque inguaribili Peter Pan incapaci di prendersi a pieno delle responsabilità. Sono Alberto (Alberto Sordi), Moraldo (Franco Interlenghi), Fausto (Franco Fabrizi), Leopoldo (Leopoldo Trieste) e Riccardo (Riccardo Fellini). Indimenticabile il “gesto dell’ombrello” mentre sbeffeggia vilmente gli operai gridando
“Lavoratori…”
Apriamo il sipario rosso e chi è di scena nel 1952 – 53? Alberto Sordi in “Gran baraonda”, quel teatro di rivista in cui si espresse anche Wanda Osiris, la soubrette che lui dirigerà venti anni dopo in “Polvere di stelle”. Girate dallo stesso Alberto Sordi, sono tante le scene nel Lazio attraversate dalle vicende rocambolesche della sfortunata compagnia che mette in scena il teatro leggero. Indimenticabile il duetto con Monica Vitti in Ma ‘ndo Hawaii? che ha impresso nelle nostre menti il suo inconfondibile timbro di voce.
A Roma, riconosciamo la passeggiata del Gianicolo, lo Stadio dei Marmi e la Galleria Colonna, la piazza dello shopping in stile liberty poi intestata ad Alberto Sordi. Nel cuore della Tuscia, al Palazzo Anguillara di Faleria ritroviamo la scena della cena a casa del gestore del teatro in cui la compagnia svuota la dispensa. Il quartier generale delle truppe alleate è l’ex casinò “Paradiso sul mare” ad Anzio. Pomezia è dove i teatranti sono catturati dai nazifascisti per poi essere portati nella caserma, ovvero lo stadio Francioni di Latina.
Tra le dune di Sabaudia, ricorderete invece la scena di “Amore Mio Aiutami”. Nel 1969 ritrae Giovanni, pazzo di gelosia, mentre rincorre sua moglie Raffaella (Monica Vitti) picchiandola, o meglio percuotendo la sua controfigura, un’insospettabile Fiorella Mannoia.
Ancora sulla Riviera di Ulisse, raggiungiamo il Museo del Brigantaggio a Itri dedicato a Fra Diavolo. A lui s’ispirò Fra Diavolo, il film interpretato nel 1930 da Stan Laurel e Oliver Hardy. Indimenticabili Stanlio e Ollio e indimenticabili le loro voci che, forse non tutti lo sanno, furono doppiate in italiano da Mauro Zambuto e il nostro Albertone!
“Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno! Questo ‘o damo ar gatto! Questo ar sorcio, co’ questo ce ammazzamo ‘e cimice”
Il mito americano, talvolta enfatizzato, era un elemento caratterizzante dell’italiano medio che Sordi ha saputo far esplodere in “Il mafioso” nel 1962, “Il Tassinaro” del 1983 con il sequel “Un tassinaro a New York” nel 1987, e “Un americano a Roma”. In quest’ultimo, nei panni di Nando l’Americano, si aggira mirabilmente con la cinepresa di Steno nel ghetto romano del 1954.
A piazza Navona, Monicelli rese omaggio a Roma Eterna con “Un borghese piccolo piccolo”. La pellicola drammatica del 1977 vede Sordi all’apice della sua recitazione in un genere totalmente opposto alla commedia all’italiana. Accompagnato da Vittorio Gassman e Silvana Mangano, ne “La grande guerra” (1959) di Monicelli interpretò già un ruolo drammatico. Era un soldato costretto a malincuore a morire da eroe quello che si aggirava tra Civita di Bagnoregio, la zona tra Forano e Poggio Mirteto, e nelle ultime scene nel Castellaccio dei Montenori a Ladispoli.
Nei quartieri romani incontriamo Alberto, il protagonista impacciato di “Mamma mia, che impressione!”. Impersona uno de “I compagnucci della parrocchietta” che Sordi aveva ideato per la sua satira in radio. Colpito dalla perfetta interpretazione vocale dei personaggi del popolino, Vittorio De Sica propose questa trasposizione cinematografica nel 1951. È una delle prime esperienze di Sordi sul grande schermo in cui
“Signorina Margherita!”
diventa il tentativo goffo di attirare l’attenzione ostentando un perbenismo meschino e un approccio petulante al gentil sesso.
Spavaldo con i deboli e servile con i forti, l’italiano medio di Sordi lo troviamo anche ne “Il conte Max” (1957). Attraversando alcuni tra gli angoli più belli di Roma, le vicende del “giornalaro” in via Vittorio Veneto raccontano lo sforzo maldestro di salire sulla scala sociale imparando “a fare il nobile” dal conte in miseria Max Orsini Varaldo (Vittorio de Sica).
Nel doppio ruolo di nobile romano, strafottente e sempre pronto a organizzare scherzi, e del suo sosia, un carbonaro di umili origini, per “Il Marchese del Grillo” (1981) il regista Mario Monicelli scelse i resti di Monterano, la città abbandonata a cavallo del 1800 nell’omonima riserva naturale nella Tuscia romana. Dal ghetto per lo scherzo della bottega “murata” al Teatro Marcello per gli incontri segreti con le sue amanti, fino alla casa di Olimpia in via della Pace e la loggia del palazzo del marchese, ovvero quella della Casa dei Cavalieri di Rodi, scoviamo a Roma location d’eccezione di quella che nasce come commedia storica e diviene un vero e proprio film cult.
Impossibile citare tutto ciò che ha reso straordinaria la carriera di Alberto Sordi tanto da fargli meritare 5 Nastri d’Argento, 7 David di Donatello e il Leone d’Oro alla Carriera nel 1995. Non lasciate Roma senza immergervi nella sua villa in via Druso, di fronte alle Terme di Caracalla. La Villa Sordi è visitabile su prenotazione in occasione di eventi organizzati dalla Fondazione Museo Alberto Sordi.