L’Aniene è un fiume del Lazio lungo 98,5 Km, secondo maggiore affluente di sinistra del Tevere dopo il fiume Nera.
Nasce sul confine tra Lazio e Abruzzo, dai monti Simbruini, tra le province di Roma e Frosinone e confluisce nel Tevere a Roma, poco oltre ponte Salario.

L'Aniene scorre sotto Ponte Nomentano (Ponte Tazio) a Roma

L’Aniene scorre sotto Ponte Nomentano (Ponte Tazio) a Roma

Il territorio occupato dal fiume Aniene costituisce la Valle dell’Aniene. La porzione geografica compresa tra le sorgenti e Subiaco è tutelata dal Parco Regionale dei Monti Simbruini, mentre l’area compresa tra il GRA di Roma e la foce è tutelato dalla Riserva Naturale Valle dell’Aniene.
L’Aniene, detto in alcune zone Teverone, ha avuto nel corso dei secoli una grande importanza per il territorio. Sin dall’antichità, fondamentale è stata la captazione delle sue acque utilizzate per alimentare gli acquedotti che portavano l’acqua a Roma.


Il primo acquedotto fu costruito con i fondi del bottino della guerra vittoriosa di Roma contro Taranto e Pirro, tra il 272 e il 269 a.C., dal censore Manio Curro Dentato.
Parliamo dell’Anio Vetus o Aniene Vecchio che raccoglieva le acque direttamente dall’Aniene presso la confluenza nel fiume del torrente Fiumicino, in una zona vicino ai comuni di Vicovaro e Mandela. Il percorso dell’acquedotto terminava a nei pressi dell’attuale Porta Maggiore, dopo essere passato per l’odierno Parco degli Acquedotti a Roma. Era più lungo del necessario, secondo le antiche tecniche costruttive. Queste prevedevano che, per la migliore riuscita dell’opera ingegneristica, si seguisse quanto più possibile l’orografia del territorio. In alcuni periodi dell’anno la portata abbondante dell’acquedotto si riduceva, per via della siccità. Per questo motivo e per l’intorbidimento delle acque che succedeva invece a grandi piogge o piene, in epoca imperiale le acque furono destinate a ville, giardini e relative fontane.
L’Anio Vetus, il secondo acquedotto romano ad essere costruito dopo l’acquedotto Appio, fu restaurato tre volte. La prima volta venne restaurato nel 144 a.C., in occasione della costruzione dell’acquedotto dell’Acqua Marcia e ad opera del pretore Quinto Marcio Re.

L'acquedotto dell'Acqua Marcia presso il Parco degli Acquedotti a Roma

L’acquedotto dell’Acqua Marcia presso il Parco degli Acquedotti a Roma

L’Acqua Marcia è il terzo acquedotto di Roma antica. Raccoglieva l’acqua dell’alto bacino dell’Aniene non dal fiume ma direttamente da una delle sue sorgenti e per questo l’acqua dell’impianto era considerata la migliore che arrivava a Roma. Plinio il Vecchio la definì “clarissima acquarum omnium”.
L’acquedotto dall’altezza di Vicovaro costeggiava l’Anio Vetus, quindi proseguiva verso Tivoli.
Arrivato a Roma l’acquedotto fiancheggiava le mura aureliane ed arrivava attraverso un ramo fino al Quirinale e al Campidoglio, mentre attraverso una biforcazione serviva il Celio e l’Aventino.

Il fiume Aniene nei pressi di Trevi del Lazio, dove passava l'Anio Novus

Il fiume Aniene nei pressi di Trevi del Lazio, dove passava l’Anio Novus

L’Anio Novus o Aniene Nuovo, così venne chiamato l’acquedotto iniziato da Caligola nel 38 d.C. e concluso da Claudio nel 52 d.C., captava le acque nell’alta Valle dell’Aniene.
L’acqua veniva presa direttamente dal fiume 6 Km più a monte delle sorgenti dell’acqua Claudia, nei pressi del comune di Subiaco.

Il fiume Aniene scorre a Subiaco sotto al ponte medievale di San Francesco

Il fiume Aniene scorre a Subiaco sotto al ponte medievale di San Francesco

Le acque dell’Aniene, spesso torbide a causa delle sponde franose del fiume, venivano rese più limpide e migliorate dalle acque del Rivus Herculaneus. Neanche la piscina limaria, il bacino di decantazione per la pulizia delle acque, riusciva infatti a renderle meno torbide.
Tanto che non si può escludere che Nerone fece costruire presso la sua Villa a Subiaco i tre laghetti artificiali con relative dighe proprio per pulire le acque, i Simbruini Stagna.
Nel passaggio da un laghetto all’altro, posizionati su tre livelli diversi, le acque perdevano infatti gran parte delle loro impurità residue e proseguivano il loro corso verso Roma.
A proposito della Villa di Nerone, questo enorme edificio costruito prima della Domus Aurea prendeva il nome di Sublaqueum. Dal nome latino della villa avrà origine il nome di Subiaco. Nerone voleva costruirsi una casa di caccia ma pare che la residenza dell’imperatore presso Sublaqueum fu segnata da alcuni eventi infausti. Durante i primi periodi del soggiorno di Nerone ci fu l’abbattimento di un fulmine sulla mensa dell’edificio. Inoltre, lo stesso fu colto da malattia in seguito ad aver fatto il bagno in uno dei laghetti. Questi episodi vennero presi come segnali di sventura e ricondussero l’imperatore a rientrare a Roma, abbandonando la villa.

Monastero di San Benedetto a Subiaco

Monastero di San Benedetto a Subiaco

Nei primi anni del Medioevo un eremita che poi divenne San Benedetto da Norcia, dopo tre anni di isolamento dal mondo, decise di costruire sui resti della Villa di Nerone il suo monastero. Nel corso dei secoli il Monastero di San Benedetto, o Sacro Speco, è divenuto un luogo di culto visitato da tutto il mondo nel quale è custodita anche la grotta in cui il Santo si ritirò prima della sua vita cenobitica.

Le cascate di trevi nel Lazio

Le cascate di trevi nel Lazio

Ripercorriamo adesso brevemente il corso del fiume. La sorgente dell’Aniene è posta a 1200 m s.l.m. Poco dopo Trevi, dopo aver formato le omonime cascate, riceve le acque del Simbrivio.

Laghetto di San Benedetto a Subiaco

Laghetto di San Benedetto a Subiaco

Arriva poi nei pressi di Jenne e, dopo aver formato il laghetto di San Benedetto, bagna Subiaco. Da qui prosegue verso Agosta, dove viene alimentato dalle sorgenti dell’Acqua Claudia e dell’Acqua Marcia. Arriva poi nel territorio di Arsoli e Marano Equo e di seguito compie un salto di 160 m con la cascata di Tivoli. Quindi prosegue verso Roma.

Cascate a Tivoli

Cascate a Tivoli

Una leggenda avvolge il nome del fiume. Anticamente, prima dei romani, il fiume era noto con il nome di Parensio. Sembra che il nome Aniene derivi dal re etrusco Anio, che nelle sue acque trovò la morte. Anio aveva una figlia molto bella di nome Salea, che amava immensamente. Di lei si invaghì Catillo, un ragazzo originario dell’Arcadia, padre di Tiburto, Coras e Catillo minore, i mitici fondatori di Tivoli.
Una notte Catillo rapì la giovane. Anio si lanciò all’inseguimento dei due per salvare la figlia, proprio durante un temporale che aveva causato la piena del fiume. All’altezza di Subiaco, noncurante degli ammonimenti dei suoi soldati, Anio attraversò il fiume per raggiungere Salea e qui fu inghiottito dalle sue acque e trovò la morte. Secondo alcuni la leggenda continua con l’impresa dello spirito di Anio che riuscì comunque a mettere in salvo la figlia.

 

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