Il Lazio è “culla di arte, cultura e paesaggio”. È un connubio che rende unici i siti candidati a Patrimonio Mondiale dell’UNESCO come i Monasteri Benedettini del Lazio. Sono l’Abbazia di Santa Maria di Farfa, i Monasteri di Subiaco (Sacro Speco e Complesso di Santa Scolastica) e l’Abbazia di Montecassino. Nella loro unicità costituiscono un percorso di testimonianza del monachesimo benedettino che influenzò tutta l’Europa medievale.
Le Abbazie Benedettine furono costruite in modo armonioso non modificando l’ambiente circostante. Con forme architettoniche eleganti, sono state sempre centri di grande formazione culturale dove preghiera e lavoro silenzioso hanno dato vita all’odierno modello di convivenza civile, di sviluppo sostenibile e conservazione dell’ambiente.
Tutto ciò è visibile ai nostri occhi partendo dal Monastero di Subiaco. Benedetto da Norcia si trasferì per abbandonare la vita mondana e ritirarsi in preghiera in una grotta sul monte Taleo,
il Sacro Speco a Subiaco. il primo dei dodici Cenobi sorge accanto al fiume Aniene, attorniato dai boschi dei Monti Simbruini e i resti della Villa Imperiale di Nerone. Rappresenta la più importante testimonianza dei primi insediamenti monastici. Arroccato su una rupe, è caratterizzato da scale e cappelle scavate nella roccia. Qui è possibile visitare la grotta dove per tre anni visse Benedetto. Nella roccia è visibile l’impronta della sua mano e del ginocchio.
Il complesso di Santa Scolastica nel 1465 ospitò la prima tipografia italiana dove si stampò il primo libro a caratteri mobili in Italia, oggi custodito nella Biblioteca nazionale del Monastero. Il motto “Ora et Labora” ben racchiude la “Regola Monachorum”. Ancora oggi il motto, dopo oltre 1500 anni, è alla base della comunità monastica e attribuisce grande importanza al tempo: dono di Dio da utilizzare al meglio tra momenti di preghiera, lettura di testi sacri, riposo e lavoro.
Un po’ più a nord c’è il Monastero Benedettino dell’Abbazia di Farfa a Fara in Sabina, luogo di pace, spiritualità e cultura circondato dalla natura. L’ambiente circostante è rimasto intatto e tutto sembra essersi fermato nel passato. Il Borgo medievale è composto da edifici in cui i monaci offrivano ospitalità a mercanti e viandanti e ora trasformati in botteghe artigiane. Un portale quattrocentesco conduce in un cortile dove troviamo la Chiesa di Santa Maria di Farfa. È a tre navate e fu ricostruita nel 1492. Ammirate il Chiostrino Longobardo con una bifora romanica del XIII secolo, la torre campanaria e il chiostro seicentesco, dove sono raccolte sculture ed epigrafi romane.
Qui possiamo ammirare tre opere di Orazio Gentileschi, padre della famosa Artemisia e maestro del Caravaggio. Secondo alcuni critici è proprio in questa Chiesa che si trova la prima opera attribuita ad Artemisia Gentileschi. Grande valore è dato dalla biblioteca attuale e dall’antica biblioteca, tra le più ricche d’Europa. All’interno sono custoditi preziosi codici qui trascritti (famosi i Corali miniati del XV-XVI secolo) e il suo Scriptorium dove si diede forma a una scrittura tipica, la Minuscola Romana che divenne la “romanesca farfense”. Qui troviamo il Laboratorio di Tessitura a mano di pregio.
Raggiungiamo l’ultimo dei tre Monasteri Benedettini candidati come sito Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Immergiamoci nella storia della Linea Gustav seguita dai soldati durante la Seconda guerra mondiale fino all’Abbazia di Montecassino. Fu eretta dove un tempo sorgeva l’Acropoli con un templio dedicato ad Apollo e dove San Benedetto edificò il primo Cenobio di Cassino.
L’Abbazia di Montecassino fu distrutta per ben 4 volte dai Longobardi, dai Saraceni, da un violento terremoto e dal bombardamento del 1944. Fu ricostruita mantenendo l’aspetto precedente e con le sue mura bianche domina la città di Cassino. Passato il grande portone, si notano tre grandi Chiostri con le statue di San Benedetto e Santa Scolastica, la Basilica a tre navate decorate con stucchi dorati e marmi policromi, il coro in legno, un organo con più di 5000 canne.
Le sale del Museo al loro interno custodiscono i bozzetti degli affreschi che un tempo decoravano le pareti e la volta della chiesta perduti durante i bombardamenti, i tesori liturgici, reperti archeologici e medioevale, il grande tondo della Natività di Botticelli. Le opere antiche sono state tutte trascritte nella biblioteca ora monumento nazionale.