Nella Divina Commedia, il vate cita grandi personaggi originari della provincia di Viterbo, come San Bonaventura da Bagnoregio, e si sofferma abbondantemente soprattutto su fatti avvenuti nel capoluogo.
Particolarmente noto è il passaggio in cui ricorda la morte di Enrico di Cornovaglia (nipote di Enrico III d’Inghilterra) ucciso da Guido di Montfort (luogotenente di Carlo d’Angiò nel centro Italia) nella chiesa del Gesù a Viterbo.
Dante colloca Guido all’Inferno (ove scorre il Flegetonte che viene paragonato al Bulicame – le terme di Viterbo), tra gli assassini, testimoniando quanto questo evento sconvolse l’opinione pubblica del tempo. Anche un grande ecclesiastico, protagonista soprattutto di rivolgimenti politici nella città di Pisa e sepolto a Viterbo, è ricordato da Dante: si tratta di Ruggieri degli Ubaldini che riuscì, con abili manovre politiche ad eliminare i capi guelfi della città toscana e, in particolare, il suo avversario Ugolino della Gherardesca.
Dante non è generoso nemmeno con lui collocandolo nell’Inferno, all’Antenora, tra i traditori della Patria.
Tra i Papi, originari di Viterbo, Dante ne nomina cinque: papa Clemente IV, in merito alla morte di Manfredi; Nicola III, posto tra i simoniaci; Adriano V invece, tra gli avari ed i prodighi; Martino IV è in Purgatorio tra i golosi a causa della sua nota passione per le anguille del lago di Bolsena.
L’unico pontefice verso il quale Dante dimostra una certa benevolenza è il portoghese (unico nella storia) Giovanni XXI collocato nel Paradiso tra i sapienti grazie alle sue opere teologiche.