Passeggiando sulla variante Prenestina – Casilina della via Francigena del Sud abbiamo visto chiese sperdute e scorci panoramici mozzafiato. Ce lo aspettavamo. Ma c’è di più su un cammino. Siamo letteralmente inciampati in luoghi dove abbiamo incontrato qualcosa d’inatteso. Seguite le nostre orme in Ciociaria e sorprendetevi!
La Via Francigena fu la via d’accesso dei Franchi fino al Mediterraneo, lo porta scritto nel nome. Unì l’Europa già dal Medioevo con scambi culturali e commerciali al tempo inimmaginabili. Per questo, nel 1994 la Via Francigena del Nord ha ricevuto il titolo di “Grande itinerario culturale europeo” dal Consiglio d’Europa. Anche i cavalieri templari la calcarono per giungere a Gerusalemme proseguendo da Roma fino a Brindisi sulla Via Francigena del Sud, andando sulla via Prenestina e l’Appia. Duecentoventi chilometri in 9 tappe per percorrere la Direttrice Prenestina – Casilina, la strada che porta dalla Basilica di San Pietro a San Vittore del Lazio. Noi partiamo dalla Tappa Paliano – Anagni per entrare subito in Ciociaria.
In poco più di 26 km, abbiamo scoperto un paradiso naturale, La Selva di Paliano e Mola di Piscoli. Un monumento naturale su terreni vulcanici dal 2011, uno tra i più grandi parchi d’uccelli d’Italia e un’ispirazione per la Settima Arte. Ci è sembrato di essere già stati qui, o meglio, sicuramente ci sono già stati Benigni e Troisi per girare la scena di “Non ci resta che piangere” in cui persuadono Leonardo da Vinci a costruire un treno a vapore.
Cammina cammina, arriviamo a Serrone, un borgo che cela due insospettabili sorprese. La prima è il Museo dei Costumi Teatrali, due sale dove rivivere il teatro italiano del Novecento tra sontuosi abiti di scena, dallo stile rinascimentale al moderno. È l’unica mostra permanente di questo genere nel Lazio e una delle poche in Italia. Gli oltre 40 abiti originali sono opera di Beatrice Minori, la sarta della RAI e personale di Eduardo de Filippo nata a Serrone nel 1923.
E ora abbassate lo sguardo se siete tanto temerari da sorvolare il “paradiso del parapendio”! Serrone vanta addirittura un primato con i primi decolli dal monte Scalambra già nel 1978.
Ad Anagni entrate nella cattedrale romanica di Santa Maria Annunziata e lasciatevi strabiliare dalla potenza artistica della “piccola Sistina sotterranea”. La cripta è uno scrigno di affreschi che solleticò la fantasia di Luigi Magni per girare “State buoni se potete”, la pellicola del 1983 con Johnny Dorelli e Philippe Leroy premiata con due David di Donatello.
Iniziamo la Sesta Tappa fino a Frosinone, quasi 28 km a passo lento per sette ore e mezza. Una sosta alle Terme di Pompeo e tra i monti Ernici e l’opulenza delle acque sorgive si ritorna in contatto con l’Universo. Chissà, forse era proprio questo che cercava Domitilla, moglie di Vespasiano e nativa proprio di Ferentino.
Giunti ad Alatri ci raccontano la storie delle balie di fine Ottocento. Le nutrici ciociare di nobili pargoli divenivano veri membri della famiglia e si usava lusingarle con gioielli d’oro e corallo. Infatti, nell’abito tradizionale oltre alle “ciocie”, le calzature dal nome onomatopeico che ricorda i passi sulle pozzanghere, e la tovaglia “ammantàta” sul capo, spiccano le collane di coralli. Il rosso purpureo è associato al sangue di Cristo, come spicca nei dipinti che ritraggono la Madonna con questo monile. È dunque un segno di fede ma anche un antidoto contro il malocchio se pensate al cornetto di corallo! Vero o non vero, in Ciociaria indossare i coralli divenne un simbolo di importanza. Ecco dunque la curàglia, la collana di coralli rossi tanto più grandi quanto più alto era lo stato sociale, e le sciuccàglie, lunghi orecchini che allungavano i lobi per il peso. I pendenti di corallo erano uno status symbol per le donne ma non meno per gli uomini, specialmente i briganti.Terminate la sesta tappa durante la Festa della Radeca, il Carnevale di Frosinone che celebra la rivolta di liberazione dall’occupazione francese tra il 1798 e il 1799. Il corteo e la banda accompagnano il carro che trasporta il fantoccio di Championnet, il generale francese Jean Antoine Étienne Vachier. Tutti brandiscono la radeca, ossia la foglia di agave in segno di emancipazione mentre si scatenano nel Saltarello Ciociaro.
Il saltarello è un ballo tipico dell’Italia Centrale arrivata al popolo solo tra il 1600 e il 1700 nelle sue innumerevoli varianti locali dettate dal canto in dialetto. Negli ultimi decenni c’è stato un boom del folk-revival tanto da influenzare la musica rock e pop mondiale. I balli d’una volta traghettano ai giorni nostri storie che profumano d’antico fascino: servivano per corteggiare, per debuttare in società e per partecipare alla vita mondana. Tutto questo rivive nelle rievocazioni storiche quando le bande folk si sfidano con organetto, cutocuto e martelletto a suon di canti popolari, stornelli e saltarello.
Ed eccoci alla Settima Tappa. Altri 24 km in sei ore e mezza di cammino vi sembrano tante? Vi sembreranno poche per visitare il Museo Paleontologico a Pofi! Qui si custodiscono i resti fossili rinvenuti in località Lupara di Homo herectus del Paleolitico e di Elephas meridionalis ed Elephas anticus d’età preistorica. Un vero tuffo nella storia che continua fino a Ceprano, dove nel 1994 hanno rinvenuto il cranio dell’Homo Erectus di circa 800.000 anni fa, tra i più antichi in Europa. Nel Museo Archeologico locale ci raccontano che l’Uomo di Ceprano è detto di Argil per lo strato di argilla da cui era coperto che gli ha consentito di arrivare a noi quasi illeso.
Entriamo nell’Ottava Tappa per affrontare 25 km varcando un parco naturale e archeologico, tra la colonia latina di Fregellae di Arce e l’Oasi archeologica di Fabrateria Nova a San Giovanni Incarico. Da Roccasecca a Piedimonte San Germano, la via Francigena s’incrocia con il Cammino di San Benedetto e i luoghi di San Tommaso d’Aquino. E a Roccasecca… un altro déjà vu! Ecco quando l’abbiamo già vissuto questo luogo, nel 1954 nel “Medico dei pazzi” con un indimenticabile Totò come sindaco di Roccasecca! Non a caso la piazza è intestata al Principe Antonio De Curtis e la sua statua svetta alla stazione ferroviaria.
E finalmente gli ultimi 23 km della Nona Tappa fino a San Vittore del Lazio. Strano come l’abbazia di Montecassino a Cassino sia stato un punto d’arrivo di personaggi d’incredibile diversità: San Benedetto da Norcia ma anche le Forze Alleate che nel 1944 la bombardarono. Con Santa Scolastica e il Sacro Speco a Subiaco, e l’abbazia di Farfa a Fara in Sabina, questi esempi d’arte romanica legati al Santo sono i candidati nel Lazio al sito Patrimonio Mondiale dell’Unesco “Il paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia medievale”.
All’orizzonte San Vittore del Lazio, dove la Via Francigena del Sud tocca il confine del Lazio con Campania e Molise. Arrivateci a Natale quando, con grande stupore serendipico, s’illumina sul monte Sammucro l’albero di Natale più grande del Mondo, un primato premiato nel 2002 dalla Guinness World Records. Lo sapevate?
Buon viaggio verso quello che non vi aspettate sul vostro cammino! E “alza per non imbrogliare”!