Il 6 gennaio è l’Epifania, si sa. Ma come si è arrivati dai Re Magi alla Befana? Ecco le risposte a questo e altri arcani natalizi, o meglio “befanizi”, nel Lazio e nel mondo!
“Epifania” significa “manifestazione” ma in origine non si riferiva alla nascita del Bambino. Il 6 gennaio, ovvero la dodicesima notte dopo il Natale, era già dedicata alla manifestazione della luce della luna. Si narra che in queste dodici notti delle figure femminili sorvolassero i campi appena seminati come auspicio di fertilità. A guidarle era Diana, dea lunare legata alla natura.
Ma torniamo ai Re Magi. Viaggiarono a lungo sui cammelli per portare in dono oro, incenso e mirra. Ma non tutti sanno che sulla strada per Betlemme non fu facile raggiungere la capanna, pur seguendo la cometa. Chiesero indicazioni a una vecchietta e le dissero di unirsi a loro nel viaggio ma l’anziana rifiutò. Pentita, preparò un cesto di dolci e s’incamminò per raggiungere i Magi ma non li trovò. Fu così che ancora oggi peregrina lasciando leccornìe ai bambini, sperando che uno di questi sia Gesù. E di racconto in racconto, di bocca in bocca, il nome della festività, l’Epifania, si trasformò in Befana e, ohibò, la vecchina soppiantò i Magi!
Nei secoli e millenni il sacro si fuse col profano, mescolando scaramanzie legate ai cambi di stagione con leggende popolari sulle divinità. Il risultato è che la Befana assunse via via l’aspetto di una strega buona. Come Babbo Natale, entra dal camino e al suo atterraggio trova le calze appese dove mettere dolci e carbone. Ai giorni nostri è arrivato come una punizione per i bimbi più monelli ma in origine il carbone era un simbolo positivo del rituale dei falò: spento il fuoco, restano carbone e cenere, emblemi del rinnovamento. E ancora oggi dei grandi fantocci raffiguranti la Befana si bruciano nelle piazze per scacciare guai e malvagità. Durante la Pasquarella del 5 gennaio a Borbona e Micigliano, i suonatori di tamburelli, organetti e altri strumenti tipici dei borghi reatini passano di casa in casa intonando canzoni folkloristiche. Il finale è dedicato alla Pupazza, una Befana di cartapesta ricoperta di fuochi d’artificio che ricordano proprio un falò.
L’Epifania tutte le feste si porta via
Ma perché le tradizioni natalizie sono legate ai riti propiziatori? La verità è nel detto popolare. In effetti, chiude quei giorni di festa per la nascita di Gesù che erano già celebrati nell’era pre-cristiana con riti propiziatori della fertilità e dell’abbondanza della terra durante il solstizio d’inverno. È un momento topico dell’anno in cui inizia il conto alla rovescia per la primavera, con i suoi frutti e le giornate lunghe e assolate.
Scoperto questo arcano, ci siamo chiesti perché i bambini spesso appendono anche una scarpa o uno stivale.
ha “le scarpe tutte rotte”
Può dunque prenderne di nuove, magari lasciando altri biscotti e carbone dolce. C’è da dire che le calze hanno avuto la meglio e c’è un perché: la lana è più capiente!
Tra tradizioni e credenze popolari e religiose, la Befana è molto amata dai bambini. A Roma, sin dal lontano 1800 si racconta della tradizionale festa in Piazza Sant’Eustachio. Gremita di famiglie, sembrava una vera e propria fiera di paese dove andare a spasso tra giocattoli, befane e dolciumi tipici come la zuccherosissima ciambella fritta. Normale, mini o gigantesca, è una delizia tipica romana da addentare voracemente ma… non osate chiamarla krapfen!
Nel 1900 i festeggiamenti si spostarono a Piazza Navona che, ancora oggi, s’illumina e riempie di giostre storiche e musica. Un enorme mercato storico mette in bella mostra presepi, giocattoli, caramelle, cioccolatini e tanto carbone. Non mancano le scope, per spazzare via quanto di brutto c’è stato nell’anno appena finito. Lo dice la tradizione!
Tra le storie romane sulla Befana, una è sulla statua del Santo Bambino della basilica di Santa Maria in Aracoeli. Si narra che nel 1400 un francescano lo creò intagliando il legno d’ulivo del Giardino del Getsemani. Ritenuto miracoloso, era avvolto in fasce dorate e circondato di ex voto. Nel 1800, si benediceva il popolo alla Befana portando il Santo Bambino in processione per Roma fino a riportarlo nella sua dimora sul Campidoglio. Ma nel 1994 rubarono la statua e non si è mai più ritrovata. Fu così che ne fecero una copia che i romani continuano a chiamare “er Pupo”. Si dice persino che per vincere al Lotto bisogna salire in ginocchio la lunga scalinata della basilica invocando l’aiuto dei Re Magi. Sarà vero?