Chiamiamolo giardino e non oasi.
Da qui si parte per raccontare l’Eden del Lazio: il Giardino di Ninfa. Tra le mete più desiderate dai viaggiatori del Lazio, il Giardino di Ninfa è quanto di più emozionante possiate incontrare nei vostri viaggi, perché attraversarlo è un viaggio. Un viaggio dell’anima.
È dall’animo che è stato costruito. Il giardino non nasce a seguito di una progettazione. Non esisteva un disegno. Nemmeno un architetto che ne seguisse i lavori. La storia del giardino ha inizio nel 1920, quando Gelasio Caetani avviò la bonifica della zona ripristinando la diga medievale. Restaurò alcuni ruderi, tra cui la torre e il municipio, e diede avvio alla nascita del giardino, piantando diverse specie botaniche che recuperava all’estero durante i suoi viaggi.
Ciò che ha inseguito caratterizzato questo paradiso in terra è stata la presenza femminile nella vita di Gelasio. Aiutato da sua madre Ada Wilbraham, con le sue conoscenze botaniche, e poi a seguire da sua cognata Merguerite Chapin Caetani e dalla nipote Leila Caetani Howard, ultima erede, che ha realizzato la Fondazione Caetani affinché il giardino restasse intatto alle generazioni future.
C’è chi vi è entrato numerose volte. Perché è sempre bello vederlo, ri-vederlo, osservarlo e ri-osservarlo, come ha fatto l’architetto Tommaso Agnoni, che da tanti anni si occupa del Giardino. “Ci sono andato più di 1000 volte, racconta, vuoi per lo stato d’animo che ho nel momento in cui entro, ma non passa volta in cui io mi stupisca nell’adocchiare sempre qualcosa di diverso. E’ bello in ogni stagione e ogni stagione ha un’identità diversa. Amo l’autunno. Mentre passeggio al tramonto, non ci sono uccelli, c’è silenzio, ma un silenzio di quelli che ti raccontano una storia. Io certe volte mi chiedo se noi ce lo meritiamo di avere la possibilità di immergerci in tanta naturale bellezza”.
La novità principale degli ultimi tempi è la ricostruzione dell’ingresso del giardino così come era nella vecchia Città di Ninfa distrutta nel medioevo. Quest’opera è stata possibile grazie ai fondi regionali del Lazio.
Aspettate prima di entrare. Respirate. Chiudete i vostri occhi. Immaginatevi principi e principesse, ed ora entrate.
Come se foste abitanti del Medioevo.
L’ingresso è davanti alla Chiesa di Santa Maria Maggiore. Avrete subito l’impressione di entrare tra i ruderi di una città medievale.
La bellezza delle rovine stesse è stata esaltata da Ferdinand Gregorovius in Passeggiate romane: “Ecco Ninfa, ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, conventi e abitati giace mezzo sommersa nella palude, sepolta sotto l’edera foltissima. In verità questa località è più graziosa della stessa Pompei, le cui case s’innalzano rigide come mummie tratte fuori dalle ceneri vulcaniche”.
Non esiste un giardino più bello di un altro. La bellezza è una questione di oggettività.
Il Giardino di Ninfa è unico. Di giardini belli ve ne sono tanti, ma non esiste luogo al mondo, che come Ninfa sia dentro i ruderi di una città, con fiumi e sorgenti che ne alimentano la vegetazione.
Acqua, ruderi e piante sono un’unicum insieme.
Prima di noi lo avevano già compreso Virginia Woolf, Giuseppe Ungaretti e Alberto Moravia, frequentatori assidui, tanto che il Giardino è entrato a far parte del Sistema dei Parchi Letterari.
Oggi il parco ospita al suo interno oltre 1300 piante diverse ed è attraversato da numerosi ruscelli d’irrigazioni, oltre che dal fiume Ninfa.
Noci americani, aceri, meli ornamentali, pini, cedri, cipressi, pioppi e noccioli, yucche… e ancora, roseti, ortensie, gelsomini, glicini, bambù… l’elenco è davvero lungo, dovrete venire di persona per ammirarlo!