Ci sono borghi che stanno scomparendo, sotto il peso degli anni e dell’abbandono, che vivono ancora in abitazioni senza finestre, senza porte, senza abitanti e i loro nomi rimangono solo nella memoria di chi vi ha abitato e poi è andato via. E questo è un viaggio nelle dimore, nelle vite e nelle storie che ancora potrebbero raccontare le ghost town della Sabina: luoghi dal fascino ambiguo. Magnetici, ostili, sottilmente sinistri. Luoghi dai quali, per diversi motivi, la vita è migrata altrove, lasciando case, chiese, palazzi come gusci senza chiocciola. Interi centri svuotati, caduti in rovina, invasi dalla vegetazione e dal silenzio. Il tempo li ha trasformati in città fantasma, con tutto il loro carico di romanticismo e di mistero.
Iniziamo il nostro viaggio da Rocchette e Rocchettine: le misteriose fortezze gemelle ubicate in uno degli ambienti più suggestivi della Sabina tiberina, ricco di boschi e di corsi d’acqua, nel comune di Torri in Sabina, insediamenti fortificati risalenti al XIII secolo. Posti l’uno di fronte all’altro, i due castelli sono arroccati a strapiombo nella gola creata dal torrente L’aia, detto anche Imelle, affluente del fiume Tevere. Immersi nella natura più rigogliosa, creano un effetto davvero scenografico. Le rocche furono costruite in simultanea per proteggere l’arteria commerciale tra Rieti e la Valle del Tevere, ed erano chiamate Rocca Bertalda (Rocchette) e Rocca Guidonesca (Rocchettine). La storia racconta di numerosi avvicendamenti che portarono le due cittadelle fortificate prima ad essere gestite dalla diocesi di Sabina, poi direttamente dal Vaticano, per poi passare nelle mani della famiglia Savelli e infine nelle proprietà degli Orsini.
Durante lo scorso secolo i destini dei due castelli gemelli si divisero: Rocchette si è trasformato in un centro rurale abitato mentre Rocchettine versa in stato di abbandono dagli anni Cinquanta. Una situazione che non ha intaccato l’originario fascino dell’antica Rocca Guidonesca mantenendo intatta la sua atmosfera medievale, il profondo silenzio e i ruderi di antiche botteghe, luoghi di culto e caratteristiche abitazioni, suggeriscono all’immaginazione il passato fiorente del castello. Addentrarsi in questo paese fantasma è un’avventura emozionante. Oggi la fortezza conserva solamente le rovine del suo antico splendore, eppure tra un vicolo e l’altro è possibile ancora intravedere gli antichi ambienti e intuirne le funzione: ecco che con un po’ di immaginazione tornano in vita stalle, botteghe artigiane, cantine e intere abitazioni… Attraversando un alto arco si raggiunge una corte, forse in passato sede della piazza del borgo, e si arriva alla Chiesa di San Lorenzo, l’unico edificio ristrutturato nel 1700 e oggi visitabile il 10 agosto, quando gli abitanti di Rocchette si recano in processione ad omaggiare il santo.
Il borgo di Rocchette, invece pur avendo perso la funzione originaria di fortezza, è diventato un insediamento urbano. La porta d’accesso risalente al 1601 conduce al villaggio abitato. Qui si nota come strutture più recenti si siano sovrapposte a quelle preesistenti, creando una sorprendente commistione di stili. Tuttavia l’atmosfera medievale è ancora preponderante nei palazzi in pietra, nei vicoli scavati e nelle mura che serbano ancora le tracce del passato.
Le ragioni che hanno portato le due fortezze ad avere un destino così diverso rimangono avvolti nel mistero, si ignorano i fondatori delle due fortezze gemelle ed ancor più oscuro rimane il motivo dell’abbandono di Rocchettine, rimasta deserta nonostante la vicina Rocchette sia al contrario popolata.
Spostandoci sul Lago del Turano vediamo arroccato in cima a un colle circondato dalle acque lacustri, avvolto in un’aura mitologica, quasi fantastica: il borgo fantasma che vanta una delle posizioni più belle del centro Italia, Castrum Antoni o Antuni sorge sulla cima del monte omonimo prospiciente l’abitato di Castel di Tora, collegato mediante un sottile istmo alla terraferma, proteso verso il Lago del Turano dal quale è quasi completamente circondato. Il panorama che si può godere è di notevole suggestione soprattutto per la presenza del lago che al tempo della fondazione di Antuni non esisteva; il Lago del Turano, infatti, è sorto nel 1939 a seguito della costruzione di una diga di sbarramento, per la produzione di energia idroelettrica, posta sul fiume Turano in corrispondenza di un marcato restringimento della valle dove un tempo scorreva il fiume.
Fondato – si suppone – nel XI secolo, probabilmente per volontà della famiglia Guidoneschi che donò il castrum all’Abbazia di Farfa, la storia di Antuni fino all’epoca medievale non è particolarmente nota, mentre nei secoli inclusi tra il 1500 e il 1900 il borgo fu dominio di diverse famiglie nobiliari. Ma è del 1944 l’evento storico che portò al suo totale abbandono: Antuni fu bombardata per errore, si puntava a distruggere il vicino ponte che permette di attraversare il lago, durante la Seconda Guerra Mondiale. Dagli anni ’50 divenne completamente disabitato, e da lì per quattro decadi cadde vittima dell’incuria.
Al borgo si accede attraverso una strada sterrata, con un dislivello di circa 130 metri, che si sviluppa intorno al monte tra profumi di piante selvatiche e spettacolari scorci di lago. Arrivati in cima, si presentano i ruderi recuperati, l’arco d’ingresso, e il palazzo Del Drago, con le sue mura, le sue sale e i suoi panoramici giardini, da cui si abbraccia con un unico sguardo l’intera catena dei monti Carseolani che si riflettono nello specchio d’acqua del lago del Turano. Qui ha sede il Polo Museale Didattico di Educazione Ambientale istituito dalla Riserva Naturale Monti Navegna e Cervia, dove con filmati e installazioni interattive si può ripercorrere la storia del Turano e conoscere le ricchezze ambientali della riserva naturale che lo circonda.
Nel piazzale non poteva trovare sede più appropriata e suggestiva il labirinto che, nel borgo invisibile, arricchisce il senso metaforico del mistero, della ricerca di sè e del percorso meditativo, con i significati simbolici e mitologici che da millenni esso rappresenta.
L’escursione si completa dirigendosi verso l’eremo di San Salvatore, attraverso un sentiero stretto di montagna che richiede una scarpa artigliata o da trekking (dislivello 140 m.). Il sentiero verso l’eremo riporta quasi al livello del lago, tra stupendi specchi d’acqua che si aprono tra gli alberi, fino all’eremo stesso, una grotta naturale che nasconde al suo interno due affreschi del ‘600. Arte, storia, natura e spiritualità in sole 3 ore, per una passeggiata aperta a tutti.
Dal Lago del Turano passando per il Lago del Salto, collegato al primo da una galleria sotterranea di 9 chilometri, realizzato sempre negli anni ’30 con un’altra imponente diga sfruttata altresì per il suo grande potenziale idroelettrico si arriva nell’area della Riserva Regionale delle Montagne della Duchessa, dove sovrastato da una imponente torre e dagli altri cospicui resti della sua Rocca, sorge il borgo abbandonato di Corvaro, che domina l’abitato moderno, nel comune di Borgorose. L’antico borgo si presenta con le sue cento case, più o meno diroccate con le occhiaie vuote di finestre sinistramente spalancate sulla piana del Camarone, nel cuore del Cicolano.
La storia di questo borgo antico, che restò spopolato dopo i terremoti che lo hanno colpito varie volte, si lega a quella del Cicolano e degli altri borghi fortificati nel territorio. Dopo la caduta dell’Impero Romano le comunità locali tesero ad insediarsi attorno ad una serie di piccole Pievi e quando le incursioni saracene si fecero sentire si raccolsero in borghi fortificati ovvero protetti da rocche.
Il castello di Corvaro fu coinvolto, in seguito, in tutta una serie di vicende, anche dai contorni foschi – che videro protagonisti i vari rami di famiglie imperiali e nobili locali – fino a che, (per volere dei sovrani di Napoli, agli inizi del ‘400) assurse al rango di contado.
Corvaro vecchia, quindi, si raccoglie tra la Rocca, in alto, ed il colle di Loriano, poco più in basso – quasi a significare la supremazia del potere Imperiale su quello della Chiesa – dove sorgono i resti della chiesa di Santa Maria, risalente all’XI secolo, di cui sopravvivono una Torre Campanaria intatta ed un residuo del Chiostro, con antichi muri di sostruzione ed alcune iscrizioni romane del tempo di augusto.
Il Castello di Corvaro, costruito alle soglie dell’anno mille, conserva i cospicui resti di un maestoso torrione cilindrico, della cinta di mura (a pianta ellissoidale) con resti delle quattro torri circolari e la porta principale denominata Porta Calata.
Fuori del borgo, all’inizio della salita al suo ingresso, si trova la chiesa di San Francesco in stile quattrocentesco, molte piccole storiche chiese rurali sono sparse nel territorio circostante (tra cui S. Maria di Malito, S. Angelo, S. Erasmo, S. Martino e Madonna delle Grazie che sorge su mura poligonali romane) e la bellissima Parrocchiale di Borgorose dai pregevoli innesti di ornamenti marmorei. Altri luoghi di interesse, non lontani dall’Antica Corvaro, meritevoli di una visita sono l’antico Borgo di Castelmenardo e al vicinissimo Tumulo Protostorico di Corvaro che ha dato vita al Museo Archeologico (MAC).
Attraversando la Valle Santa Reatina e salendo lungo la strada provinciale 45 – Via Fontecerro si arriva sul versante opposto del monte Lacerone dove si trovano le rovine del borgo di Castel Leone o Castiglione di Cottanello o, più propriamente, Castiglione in Sabina: il suo nome deriverebbe dall’essere appartenuto alla famiglia dei Pierleoni. Famoso il Marmo Di Cottanello, che si ricavava non lontano da questo luogo, che servì per molte realizzazioni del Barocco Romano (comprese le colonne interne della Basilica di San Pietro); sul posto si trovano interessanti pezzi della bella pietra. Già al tempo dei Romani la zona era famosa per il Bianco e Rosso Cotanello, le cui cave sono visibili, abbandonate da secoli, presso il capoluogo, Cottanello.
Nell’ antico borgo di Castiglione, i ruderi del castello vero e proprio non sono distinguibili fra le altre rovine; ci troviamo di fronte ai resti di un intero agglomerato medioevale in rovina che si erge sulla cima di un poggio, con viuzze e residui di case e di qualche vero e proprio palazzo. Vi erano due chiese: San Salvatore e San Sebastiano; questa seconda è l’unica costruzione che troneggia – ricostruita in forme moderne – sulle rovine di questa piccola ‘Citta’ Fantasma’ dalla suggestiva vista panoramica.
Tra gli altri luoghi di interesse, non lontani da Castiglione in Sabina, si segnalano il caratteristico borgo medioevale di Cottanello,(con la vicina romana di Villa di Collesecco e le cave del marmo rosso oltre il celebre Eremo di San Cataldo