Sediamoci comodi, percorriamo da nord a sud un cammino costellato di paesaggi unici e piccoli borghi, luoghi preziosi a cui alcuni illustri personaggi italiani e stranieri hanno dato voce. Lasciamoci coinvolgere, incantare, sedurre dalla scoperta del Lazio, terra ispiratrice delle grandi ‘penne’ di tutte le epoche.

Faggeta Vetusta (2)

[…] Pian de la Britta, che fragor di mare / fan questi tuoi castagni alti e possenti! / Ma l’ombra, sotto, qua e là di rare / luci trafitta, ire non sa di venti, / e tra tanto fragor sospesa pare: / recesso eccelso, a cui la maestà / di questi tronchi immani una solenne, / misteriosa aria di tempio dà; / e quel fragore ad un oblio perenne / di tutto invita […] (1909).

Così i versi incisi su una grande pietra nella Faggeta dei Monti Cimini, così bella da far parte del Patrimonio mondiale UNESCO, a Soriano nel Cimino, delizioso borgo del viterbese. Così scrisse Luigi Pirandello che negli anni prima e dopo la Grande Guerra soggiornò per molte estati in cima al borgo, rapito dal fascino e dall’armonia del luogo al quale dedicò novelle, quadri e poesie. Il paese si distende sulla cima tondeggiante di un’altura.

L’area più antica, medievale, conserva le piccole abitazioni e vicoli suggestivi, aperti sulle distese di castagni che in ottobre tingono con i caldi toni dell’oro e del bruno tutta la campagna circostante. La castagna è dunque, oltre alla nocciola, sua ben nota compagna di culinarie avventure, la protagonista autunnale di questi luoghi, celebrata nelle sagre e nelle fiere, nella preparazione sia di dolci che di piatti salati. Mhmm che bontà!

[…] Castel Sant’Elia. Una delle più belle e pittoresche parti della campagna romana, è quella che incomincia Nepi, e si stende fino al Tevere per larghezza […]. Questa regione, veduta in distanza, sembra una pianura leggermente ondulata: chi invece ci si inoltra, si trova ad un tratto sul ciglio di larghi burroni che solcano il suolo ed in fondo ai quali corre un piccolo torrente. Questi rivi nascono nelle colline di Sutri, di Vico, di Viterbo e dapprima scendono quasi a fior di terra. […] (1867).

Durante gran parte dell’Ottocento, questa area offrì la vista di paesaggi suggestivi e incontaminati agli occhi di tanti personaggi celebri come Massimo D’Azeglio, politico, patriota, pittore e scrittore che ci apre le porte di una delle zone più interessanti del viterbese, quella del Lago di Vico.

Castel Sant’Elia è il borgo che colpisce di più per l’intreccio tra luoghi di culto e paesaggio; le abitazioni che si trovano in cima a una forra circondate da sentieri naturalistici d’improvviso si immergono nella natura libera e selvaggia. Già dal VI secolo dopo Cristo, il paese era un luogo di culto grazie alla tela della Madonna ad Rupes attualmente custodita nell’omonimo santuario, incantevole.

Pochi chilometri ed ecco apparire su un promontorio di tufo Nepi, magnifica per l’imponente Rocca dei Borgia, preziosa per le sue acque minerali che sgorgano dalla stessa fonte che i romani utilizzavano per le terme dei Gracchi: per gli Etruschi che la abitarono,  Nepa significava “acqua”, e non è un caso. Bellezza fa rima con bontà: i prodotti tradizionali lasciano il segno nella memoria: il salame cotto, la scapicollata, l’olio, la nocciola, il pecorino. E la cipolla, aromatica, dolce e bianchissima! Provare per credere!

Lasciandoci alle spalle paesi e cittadelle, e giungiamo alle pendici del Monte Soratte, isolato nella pianura tra Tevere e Tirreno quasi a Roma. Così seducentemente ammantato di neve che Quinto Orazio Flacco – per gli studenti solo Orazio,  il poeta latino del ‘cogliere l’attimo’ – lo cantò nelle sue Odi:

Vedi come si levi bianco per la neve profonda / il Soratte, come non sostengano più il peso / i boschi affaticati e per il gelo / penetrante i ruscelli si siano fermati”.

E’ un luogo magico che unisce all’interesse naturalistico della Riserva Naturale Regionale a quello storico-monumentale, con un percorso tra gli eremi che testimoniano la vocazione religiosa del sito, da sempre noto come la Montagna Sacra: fu qui infatti che papa Silvestro intorno al 300 d. C. si rifugiò per sfuggire alle persecuzioni dell’imperatore Costantino, non ancora convertito al Cristianesimo.

Facciamo un balzo nella storia: è una sorpresa scoprire che alla base della montagna c’è un  complesso sotterraneo nascosto: sono edifici militari in disuso, eretti nel settembre del 1943 dalle truppe tedesche vicino agli ingressi delle gallerie-bunker, nascostissime, che si diramano per chilometri nelle viscere dell’altura. Le forze di occupazione abbandonarono l’area dopo aver minato parte delle gallerie.

E il luogo si è ammantato del mistero “dell’oro di Kappler“: la montagna nasconderebbe le numerose casse d’oro sottratte dall’allora capo della Gestapo di Roma, alla Banca d’Italia. Sarà mai vero? C’è chi afferma di sì, rendendo ancora più suggestiva ed stuzzicante la visita del luogo.

Dalla cima del sonnacchioso e disteso Soratte proseguiamo il nostro viaggio letterario verso la Ciociaria, rigogliosa, selvaggia, bellissima. La descrive così nel 1915 da Alvise Zorzi:

” […]  è grande, i suoi confini sono un poco controversi; ma anche a rimanere soltanto nei dintorni di Frosinone che ne è il capoluogo, c’è tutto. C’è la pianura, larga e paciosa, che le molte recenti piantagioni di pioppi hanno curiosamente ravvicinato al settentrione emiliano, lombardo, e c’è la montagna, di quella brusca assai.

Tante colline, dappertutto ma più nella zona di Sora, dove ogni cocuzzolo di poggio ha il suo pino italico, dall’ombrello leggermente arrovesciato all’insù, in mezzo ad una vegetazione dalle venti tonalità diverse di verde. Tante città, cittadine antiche. Fiere arroccate ciascuna sul suo colle […]”.

Certosa di Trisulti

Cosa aggiungere ad una narrazione così ricca, così minuziosa di un territorio posto nel cuore della nostra regione? La Ciociaria, terra del rustico calzare discendente del soccus romano – le cioce – si estende a sud della Campagna romana fino a comprendere parte della Terra di Lavoro con i campi fertili delle valli del Liri e del Garigliano. Un territorio dove la sacralità delle abbazie di Montecassino e Trisulti si fonde con la romanità delle Acropoli di Ferentino, Alatri, e Arpino.

I paesani hanno qui una delle loro passeggiate preferite, tra i blocchi grigi di pietra ricoperta di muschio e fiori selvatici.

Non si può immaginare niente di più originale di questa passeggiata nella regione delle nuvole, in mezzo a questo scenario di grande roccia. Tra i passeggiatori che vidi, come era una domenica, molti giovani allegri vestiti in abiti di seta sfilavano su e giù, mentre, subito sotto, la montagna cadeva a strapiombo in un precipizio, e il Lazio si stendeva in basso.

L’occhio si estende su una vasta immagine di province con le loro innumerevoli montagne e città, ognuna delle quali è piena dei suoi ricordi storici o mitici. Il panorama si estende da Roma, visibile in pianura, ad Arpino, la città paterna di Cicerone, che spicca tra le lontane montagne blu del regno napoletano […]. Mi sono arrampicato oltre le rocce, per raggiungere le famose mura ciclopiche, come in tutte le città latine, le loro lunghe file cingono l’attuale Arx o cittadella, e sprofondano a strapiombo sul precipizio.

La disposizione delle loro pietre grezze è perfettamente conservata come se il costruttore fosse stato al lavoro ieri […]

Augustus J.C. Hare, narratore inglese di fine Ottocento, rimane affascinato da queste mura ciclopiche, massicce e ricche di storia, talmente possenti che nel Medioevo Arpino divenne centro di rifugio e di difesa dalle invasioni barbariche.

Abbazia di Fossanova

Ma l’interesse suscitato dal borgo, oggi più che mai, è ben visibile in una singolare antologia di poesie incise su lastre di pietra installate in vari punti caratteristici del paese. Lo scrittore anglosassone continua nelle sue cronache a raccontare di luoghi vividi e singolari per la loro unicità come i monasteri di Casamari e Fossanova.

“Molti altri villaggi brillavano sulle lontane colline e, tra i più notevoli di loro, Arpino, la città natale di Cicerone, che domina la bellissima valle di Liris. Il paese più vicino ora diventava più sassoso e desolato, ma la strada era animata da allegri gruppi di pellegrini che tornavano da una festa della Madonna a Paliano, che ci accolse con il saluto gentile “Santa Maria e San Giuseppe vi salutano”.

Finalmente sul bordo di una collina, come uno degli altipiani della Borgogna, venimmo all’improvviso in vista del grande monastero di Casamari, che, si dice, con la sola eccezione di Fossanuova, per essere il più bel edificio monastico nel Lazio.

Fu quasi una sorpresa che trovammo un edificio gotico perfettamente puro, con una chiesa come una piccola cattedrale del nord, in questa regione selvaggia italiana. È completamente solo, non vicino neppure a una casetta da contadino, una massa di edifici grigi, in piedi sopra il ruscello che scorre dolcemente dell’Amasena. Un acquedotto attraversa la valle e incornicia la prima vista della chiesa e della porta […].

Il racconto rapisce. Non possiamo però allontanarci da Arpino senza elencare i numerosi piatti tipici della zona come le Sagne e fagioli con i ruschi, ossia asparagi selvatici, ma anche le Ciammaruche, o lumache al sugo, oppure le ottime ricottine fresche, il pecorino e l’immancabile marzolino. Ce n’è per tutti i gusti!

Lasciamo infine ad un ciociaro doc, quale Cesare Pascarella, pittore e poeta anti-accademico, l’onore di raccontare l’ultima tappa di questa “carrellata” itinerante d’autore con la narrazione del borgo di Arce:

Il paesaggio intanto comincia a cambiare. Su la destra le montagne vicine mostrano già i fianchi grigi di selce. Su una di codeste montagne s’aggrappa un paese non molto grande.

Un antico castello diroccato, che s’intaglia bruno nel cielo sul vertice del monte, deve avergli dato il nome di Arce. Ora non si veggono più sui fianchi dei monti i lunghi filari di olmi, sui quali si appoggiano i tralci verdeggianti della vite, e su la terra smossa le pannocchie gialle del granturco; ma sullo sfondo grigio e ferrigno delle rocce si contorcono pallidi e monotoni soltanto gli ulivi”.

Distesa sul fianco di un colle, dominata dalla Rocca d’Arce, in bella posizione presso lo sbocco del Valle del Liri, il paese conserva nelle ripide e strette vie del suo centro storico l’aspetto medievale. Gran parte dell’abitato moderno, vivace di moltissime attività, si è sviluppato in piano, lungo la via Casilina. Proprio qui c’era la colonia latina di Fregellae fondata dai Romani nel 328 a.C., oggi trasformata in un importantissimo parco archeologico, sempre aperto. La cucina ciociara è tutta da assaporare, per la ricchezza di zuppe, la polenta, i famosi amaretti, le carni saporite, armonizzate da un immancabile calice di buon vino, magari Cesanese del Piglio DOCG, il vino della Ciociaria da sempre. Che spettacolo!

E poi Pasolini ha raccontato il mare di Terracina e il Circeo, ne ha scritto anche D’Annunzio; Goethe si innamorò di Civita Castellana.

Il nostro breve viaggio immaginario tra le pagine DOC si conclude qui, ora andiamo a vederli dal vivo. Buona avventura!

 

INFORMAZIONI

Comune di Castel Sant’Elia – Sito Web: https://www.comune.castelsantelia.vt.it

Comune di Nepi – Sito Web: https://comune.nepi.vt.it

Riserva Regionale Naturale Monte Soratte – Sito Web: http://www.parchilazio.it/montesoratte

Comune di Arpino – Sito Web: http://www.comune.arpino.fr.it/

Comune di Arce – Sito Web: https://www.halleyweb.com/c060008/hh/index.php

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