Micigliano sorge a circa 1000 metri di quota sulle pendici del monte Terminillo e domina le Gole del Velino.
Una manciata di case si accoccolano all’ombra del monte terminillo, in un’immagine pittoresca tinta dai colori stagionali in alta quota. I trekker più arditi possono percorrere un antico tracciato di mulattiera. Il percorso è sfidante ed meravigliosamente panoramico, accogliendo dalla vetta del Terminillo alle Gole del Velino. Si tratta di un collegamento tra Micigliano e il passo di Sella di Leonessa a quota 1900, risalendo le pendici del monte Valloni e del monte Elefante, ambedue a quota 2000 metri.
Curiosa la storia della chiesa di San Lorenzo martire. Si narra che le coltivazioni di grano di Micigliano furono devastate da un forte nubifragio. Gli abitanti invocarono l’aiuto di San Lorenzo. Si celebrava la festa in suo onore di lì a poco e, miracolosamente, si salvò tutto il raccolto su un’altura al di sopra del paese. Fu così che San Lorenzo divenne il Patrono di Micigliano e sul luogo salvo dal nubifragio fu costruita la chiesa di San Lorenzo martire. È un minuscolo luogo sacro a navata unica, con un affresco posto dietro l’altare che raffigura il diacono Lorenzo con in mano la graticola, simbolo del martirio.
Lungo la Via Salaria si può ammirare l’Abbazia dei SS. Quirico e Giulitta adiacente le rive del fiume Velino. Il monastero, è stato fondato nella prima metà del X secolo dai Benedettini ma le prime notizie certe attestanti la sua esistenza risalgono al 984. Il suo esterno ha ancora l’antico assetto fortificato con tocchi di architettura romanica. Tutto il complesso è attorniato da una muraglia quadrangolare dove al centro si solleva l’imponente campanile. Un tempo il campanile era utilizzato come torre di avvistamento, come testimoniato dalle feritoie sul suo lato sud-est verso la porta di accesso.
Una tradizione ancora viva è la Pasquarella miciglianese. Il 5 gennaio, i cantori locali indossano il costume tradizionale e passano di casa in casa intonando antiche canzoni folkloristiche, tramandati di generazione in generazione, e accompagnati da i suonatori organetti e tamburelli. L’origine della festa si perde nella notte dei tempi. Si narra che sia una rappresentazione dei pastorelli del presepe che annunciano la nascita di Gesù, anticipando l’arrivo dei Re Magi.
Alla fine dei canti, ci si dedica alla Pupazza, una Befana di cartapesta ricoperta di fuochi d’artificio che ricordano un falò. Si narra che la Befana, come Babbo Natale, entra nelle case dal camino per mettere il carbone nelle calze dei bambini monelli. Ai giorni nostri è arrivato come una punizione ma in origine il carbone era un simbolo positivo del rituale dei falò. Infatti, spento il fuoco, restano carbone e cenere, emblemi del rinnovamento. Dunque, ancora oggi, dei grandi fantocci raffiguranti la Befana si bruciano nelle piazze per scacciare guai e malvagità.
L’ambiente agricolo e pastorale è molto legato alle tradizioni, che rivivono nelle feste popolari, come la Sagra del Tartufo a luglio, la Sagra della Castagna nell’ultima domenica di ottobre. La Festa in onore del Patrono San Lorenzo martire termina con la Festa della Montagna e la Braciolata di Ferragosto.
Tra i prodotti genuini della terra, spiccano il tartufo e le castagne, i funghi e i formaggi. Nel Museo Civico delle Arti e Tradizioni Popolari si raccontano storie di agricoltori e pastori passeggiando tra gli oltre seicento utensili e mobili della vita rurale e artigianale a Micigliano. Il boscaiolo, il fabbro e il falegname si raccontano nell’esposizione di oggetti, ricostruzioni di angoli della casa e fotografie storiche che riprendono scene di lavoro, ritratti di famiglia, feste patronali, testimoniano i vari aspetti della vita economica e sociale di Micigliano.