Quante dediche d’amore sono state scritte al magico momento d’oro, il tramonto! Cangiante di colori nel passaggio delle stagioni, è sempre stato il palcoscenico di storie d’amore e d’amicizia, di brindisi e passeggiate lievi, quelle in cui si contempla in silenzio dentro e fuori di noi. Oggi vi raccontiamo i momenti d’oro nel Lazio in alcuni luoghi indimenticabili.
Al centro del Golfo di Gaeta, arroccato su un costone di Colle San Magno che affonda nel mare cristallino della Riviera di Ulisse, risplende Sperlonga. Il borgo medievale è un bouquet di case aggrappate agli scoscendimenti, vicoli e scalette che si inerpicano tra le strettoie. Era già meta turistica ai tempi dei Romani, come testimoniano i resti della villa dell’Imperatore Tiberio sontuosamente adagiati sulle alture retrostanti e sulla costa. E proprio all’estremità del promontorio, su uno scoglio sovrastante la piccola darsena, troneggia Torre Truglia spettacolarmente dorata dal tramonto.
Dal 1532 luccica la torre principale eretta a difesa dalle scorrerie dei corsari turchi, eretta su quattro contrafforti poggiati sulle fondamenta di una preesistente torre di avvistamento romana. Nel 1534, non sfuggì alla distruzione delle orde di Khair ad Din, sbarcato su questi lidi per rapire a Fondi la bella Giulia Gonzaga. Ricostruita nel 1611, fu nuovamente distrutta dai turchi nel 1623 e riportata al suo splendore nel secolo successivo. La suggestione del tramonto a Torre Truglia lo ha reso uno dei siti di Sperlonga dove è possibile celebrare matrimoni civili.
Non lasciate Sperlonga senza aver visitato il Museo archeologico nazionale, situato al di sopra dell’Antro di Tiberio. Tra i numerosi reperti di epoca romana, troverete le ricostruzioni di grandi gruppi marmorei raffiguranti episodi legati al peregrinare di Ulisse, portati alla luce durante gli scavi per la costruzione della nuova Via Flacca.
Splendido il tramonto sul Ponte Romano a Rieti, quando i riflessi dei raggi del sole dipingono le acque di spettacolari sfumature dal rosso all’arancio, fino all’oro.
Ciò che rende il Ponte Romano unico nel suo genere è che i suoi resti sono completamente immersi nel fiume. Si è attuata quindi una sorprendente, quanto affascinante, inversione semantica nel rapporto tra ponte e fiume. Da opera strutturale progettata per superare un ostacolo naturale a manufatto archeologico che ne è parte integrante. Il fiume ha così preso definitivamente il sopravvento inglobando in sé l’artefatto.
Siamo al cospetto dei resti di un ponte di epoca romana sul fiume Velino che affiorano parzialmente a seconda del livello delle acque. Dismesso negli anni 30, è affiancato da un ponte moderno suo omonimo. Fu realizzato in opus quadratum con grossi blocchi di calcare travertinoide un ponte a schiena d’asino a tre archi, tra i quali quello centrale con maggiore luce rispetto ai laterali.
Era parte dell’antica Via Salaria, l’arteria grazie alla quale i Sabini si approvvigionavano di sale dal mare Adriatico e si collegavano a Roma. Dopo il ponte, la Salaria proseguiva con un viadotto, il cardo della città su cui poggiano le fondamenta dell’attuale via Roma, fino a raggiungere il foro della città corrispondente all’attuale piazza Vittorio Emanuele II.
In epoca medioevale il ponte venne fortificato con una porta-torre, il “cassero” sulla riva sinistra del fiume affiancato dalle botteghe sul ponte. Con l’Unità d’Italia, i terreni furono venduti ai privati che li disboscarono generando, con le piogge, una maggiore quantità di terra e detriti nel fiume Velino e quindi l’innalzamento del livello delle acque. Il fiume ricoprì gli archi minori del ponte e in buona parte quello maggiore. Durante le frequenti piene del Velino, il ponte stesso era sommerso e impraticabile. Fu così che tra il 1932 e il 1936 il ponte antico fu demolito, adagiando la struttura nelle acque del fiume Velino, da cui tuttora riemerge a tratti.
Al tramonto Piazza Navona a Roma lascia senza parole e la luce parla direttamente al cuore! D’altronde siamo in pieno centro storico, nel Sito Patrimonio Mondiale dell’Unesco di Roma.
Un tempo era uno stadio, il primo in muratura nella storia dell’antica Roma e il perimetro del campo da gioco è visibile ancora oggi. Il nome stesso della piazza deriva dalle agone, i giochi atletici che un tempo vi si svolgevano e non dai giochi acquatici che si tenevano nella piazza in epoca barocca, come molti credono.
Dal dopoguerra, sembra d’essere in un atelier dove pittori e disegnatori di strada espongono all’aperto panorami di Roma e caricature dei turisti. Ricco di palazzi cinquecenteschi e secenteschi delle famiglie romane, è sublimata dalle opere di Bernini e Borromini. La famiglia Pamphili volle celebrarvi la sua gloria e fece creare dal Bernini la monumentale Fontana dei Quattro Fiumi, simbolo del Barocco Romano. Il Gange, il Rio della Plata, il Nilo e il Danubio, i grandi corsi d’acqua conosciuti all’epoca, seducono lo sguardo e il cuore con la loro imponenza e perfezione scultorea. E poi ancora, girando lo sguardo, la chiesa di Sant’Agnese in Agone del Borromini, le Fontane del Moro e del Nettuno, i Palazzi Braschi e Lancellotti.
Immerso nella macchia mediterranea che si mescola con boschi sempreverdi, ecco Torre Astura. Siamo a Nettuno, nel momento d’oro di un’affascinante fortezza marittima sul mar Tirreno, collegata alla terraferma da un ponte ad arcate in laterizio. Intorno al castello, i fondali ricchi di reperti archeologici ricordano l’importanza che ebbe in epoca romana: un porto sul fiume Astura costituiva una via di comunicazione dal mare fino a Satricum.
Il profilo di questo borgo è tratteggiato dalle ville d’inizio Novecento, la Fontana del Nettuno e il Forte Sangallo, il castello del 1500 oggi sede del Museo dello Sbarco Alleato e Antiquarium. Siamo al capolinea della Riviera di Roma, i quasi 90 km di litorale sabbioso che va da Marina di Palidoro a Torre Astura, la fortezza sul mare costruita a Nettuno sui resti dell’antica Roma prima dell’anno Mille.
Si apre il sipario sul fascino languido del tramonto sul Lago di Posta Fibreno. Le acque quiete dai fondali cristallini accolgono appassionati di immersioni e birdwatching nella Riserva Naturale Lago di Posta Fibreno. Siamo nella Valle di Comino, ai piedi delle montagne del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Passeggiando sul sentiero Catannovo raggiungerete l’isola galleggiante, affascinante creazione della Natura che rapì l’immaginario di Plinio il Vecchio tanto da descriverla nella sua “Naturalis Historia”. L’isolotto è in realtà un accumulo di torba, radici e erbe palustri che nel tempo hanno creato una vera e propria isola su cui la vegetazione cresce in pace, dondolata dal vento sulle acque placide.
Come si può dir di no alla Golden Hour sulle miriadi di gocce che precipitano nel centro abitato di Isola del Liri? Lo spettacolare centro storico nasce nel Medioevo ai piedi della Cascata Grande, 27 metri d’irrefrenabile potenza della Natura. È un’isola, lo porta scritto nel nome, una lingua di terra tra i due bracci del Liri.
Sin dall’anno Mille, il castello Boncompagni Viscogliosi obbliga il Liri a formare due rami che si srotolano in due cascate in pieno centro storico: la Cascata Grande, o Verticale, e la Cascata del Valcatoio. Attraverso un ponte medioevale si accede al suggestivo Castello, con bucolici giardini e una Cappella del XVII secolo a pianta circolare, oggi dedicata alla Madonna delle Grazie.
Giacomo Boncompagni, signore del Ducato di Sora e del Marchesato di Aquino, ordinò un ciclo di affreschi a soggetto biblico a una bottega di artisti che avevano lavorato a Roma nei grandi cantieri di Sisto V, oltre a statue rappresentanti quelle virtù che un buon principe deve avere nei confronti del popolo che da Dio gli è stato affidato.