Per gli appassionati di subacquea una proposta di 10 itinerari nelle isole pontine, da Ponza a Santo Stefano, per scoprire magnifici fondali.
PONZA
1- Il Relitto di Cala dell’Acqua. (Consigliata a tutti)
Cala Feola (famosa per la sua piscina naturale) e Cala dell’Acqua sono due baie contigue sul versante nord-occidentale di Ponza, separate da Punta Papa. Proprio qui, a una ventina di metri di profondità, si trova il relitto di un Lst (Landing Ship Thank), un mezzo da sbarco americano che affondò a causa di una tempesta, il 26 febbraio 1944. Il relitto è diviso in due parti, che giacciono distanti su un fondale di sabbia bianca. Accanto a Punta Papa c’è uno scoglio affiorante che vale come punto di riferimento per trovarlo. Ci si dovrà spingere ad una ventina di metri dallo scoglio, verso il largo, e nell’acqua chiara apparirà il relitto con la parte prodiera e il ponte.
La poppa giace a poco meno di un centinaio di metri di distanza e si trova più verso l’interno di Cala dell’Acqua. Sul ponte della parte prodiera, fino a poco tempo fa c’era una mitragliatrice, che si è staccata dal perno basculante ed è caduta sul ponte, dov’è rimasta a lungo. Poi è scomparsa, misteriosamente. Immersa a 25 metri di profondità, la poppa mostra ancora la battagliola e le strutture del ponte. L’immersione, facile per tutti, anche per i principianti, è un vero spettacolo in una bella giornata di sole, quando il fondale è molto luminoso.
2 – Le formiche (Consigliata a: tutti la prima immersione; ad esperti la seconda immersione)
Se vi affacciate dal belvedere di Cala Parata, presso l’Hotel Bellavista, le Formiche sono là davanti, scogli affioranti, che nelle giornate di bonaccia sembrano un pugno di insetti sopra una lastra di vetro blu. Le Formiche ospitano un mondo sottomarino a sé stante, che si differenzia per certi aspetti dal resto del mare ponzese. Gli appassionati di immersioni le scelgono per la loro bellezza, che, da una certa profondità in poi è… tutta rossa. In questi scogli, infatti, in particolare lungo il versante più esterno, si trovano ampi ventagli di Paramuricee, e chi le conosce sa che, se vuole trovare mille espressioni di vita meravigliosa, deve infilare gli occhi nell’intrico dei loro rami, dove i minuscoli polipi si aprono alla corrente.
Scorfani rossi, polpi, murene abitano quella foresta e raggiungono il massimo dello spettacolo nelle ore notturne, quando la vita si moltiplica. Questo piccolo specchio d’acqua può essere frequentato in immersione tutto l’anno, condizioni meteo permettendo, ma i periodi migliori sono senz’altro la primavera e l’autunno. Trovandosi leggermente al largo della costa, infatti, e rompendo il flusso di corrente, questo gruppo di scogli è un punto di passaggio di quelle specie d’altura che nei periodi del passo effettuano un’ultima, veloce corsa lungo le coste delle Isole Pontine, prima di iniziare i lunghi viaggi delle migrazioni stagionali: palàmite, ricciole, lecce, tonni, ecc. Per chi vuole immergersi, prendiamo in considerazione lo scoglio più grande, dove si trovano resti di muratura di mattoni rossi.
A circa 12 metri di profondità, dal lato di terra, troveremo una prateria di Posidonia e, verso il largo, un canalone fra le rocce. Un’altra immersione tipica di queste acque è l’esplorazione di un costone che si spinge su un fondale sabbioso. Ci troviamo, questa volta, sul versante orientale delle Formiche, e la base di partenza resta ancora lo scoglio emergente più grande. A circa 30 metri di profondità, troveremo un contrafforte roccioso ammantato di gorgonie gialle, ma procedendo verso il fondo (siamo ormai a -40 metri), troveremo anche le gorgonie rosse, che formano un intricato microcosmo di fauna minuscola e ricchissima. A causa della profondità non trascurabile, questa immersione, a differenza della prima, è consigliata ai subacquei esperti.
3 – Lo scoglio grosso (Consigliata a: medio esperti)
Lo Scoglio Grosso non deve essere confuso con lo Scoglio Rosso, che si trova proprio davanti al porto di Ponza. Lo Scoglio Grosso, invece, è l’ultima della serie di tre rocce emergenti alla punta di Gavi, verso Zannone. L’ordine degli scogli, tutti in fila, è il seguente: le Scoglietelle, la Chiana di Mezzo e lo Scoglio Grosso. Quest’ultimo, come gli altri, è una proiezione verso l’alto della cordigliera sottomarina che unisce Ponza e Gavi a Zannone. Sono molti i subacquei che mettono in prima categoria le immersioni nelle acque dello Scoglio Grosso, ed effettivamente si tratta di due belle escursioni. La prima inizia dall’estremità a nord, dove c’è un pianoro a pochi metri di profondità.
Non conviene sostarvi, quindi scendiamo subito a 37 metri di profondità e atterriamo sulla sabbia chiara. A questo punto, seguiamo la parete girando a sinistra, per trovare quasi subito una grotta. All’interno, la cavità diventa più ampia e ci mostra, sulle pareti, granchi e gamberi, fra cui il gambero meccanico (Stenopus spinosus) dalle lunghe chele e il gambero sega (Parapandalus narval). La grotta non prevede difficoltà nell’esplorazione, inoltre, l’uscita, all’altra estremità, è segnalata da un forte chiarore. Usciamo e ritorniamo indietro: troviamo un canalone abbondantemente ammantato di margherite di mare, fra cui si nascondono piccoli crostacei e qualche nudibranco. La parete colorata con lo sfondo azzurro in alto è un allettante invito per il fotografo subacqueo.
Anche sul versante a sud dello Scoglio Grosso si effettua una bella immersione. Scendiamo, dunque, sulla sabbia, ma un po’ prima del piede dello scoglio, quasi a 40 metri, c’è l’ingresso di una grotta, in cui faremo una rapida escursione, per osservare qualche gambero e altre minuscole forme di vita cavernicola. Adesso usciamo dalla grotta e iniziamo la risalita, seguendo la pettata rocciosa. Le immersioni allo Scoglio Grosso si svolgono a profondità certamente impegnative. In una sola immersione, quindi, non si possono esplorare sia il versante a nord sia quello a sud. Sarà molto meglio effettuare due discese distinte in giornate diverse.
4 – La secca di Punta Papa (Consigliata a: esperti)
A mezzo miglio da Punta Papa, sulla congiungente la punta orientale di Palmarola, da 55 metri di profondità si solleva, fino a -33 metri, una magnifica secca battezzata di Punta Papa. La scoperta è datata 1994. Prima di allora, di questo sommo al largo di Punta Papa non si sapeva nulla, ma non è escluso che qualche pescatore ne fosse al corrente, ma si guardasse bene dal rivelarne l’esistenza.
Il versante settentrionale della secca è spettacolare, con una foresta di Paramuricee (alcune molto grandi, superbi ventagli vermigli accarezzati dalla corrente) adornate da uova di gattuccio e da lunghe antenne di aragoste. Seguendo la parete, che si sviluppa in direzione di Zannone, a 40 metri di fondo c’è l’ingresso di una grotta abitata da una nutrita colonia di gamberi-sega (Parapandalus narval), dove vive stabilmente una Musdea di dimensioni considerevoli.
La Secca di Punta Papa è una delle immersioni più belle che si possano effettuare nel mare di Ponza. A detta di molti subacquei, è la più bella in assoluto. In ogni caso, si tratta di un’immersione per esperti: la profondità è notevole, si scende in mare aperto e, se non c’è condizione di calma, la decompressione può essere disagevole.
PALMAROLA
5 – La secca dei Vricci (Consigliata a: esperti)
La scoperta della Secca dei Vricci, a Palmarola, risale al 2002, quindi questo sito d’immersione può essere annoverato fra i più recenti nel mare delle Ponziane. Ne parlavano i pescatori, ma erano restii a darne le coordinate, poi… finalmente, ecco la Secca! Da 60 metri di profondità proietta il cappello a 27 metri dalla superficie. Partendo proprio dal cappello, si scende lungo il versante settentrionale e nella fascia compresa fra i -30 e i -50, troveremo la roccia completamente ammantata di gorgonie rosse.
Ancorati alle grandi arborescenze con i polipi aperti nella corrente, vi sono moltissimi crinoidi, ma troveremo anche gli epibionti più classici della paramuricea, come il mollusco bivalve Pteria hirundo, che vive solo fra le gorgonie, piccoli paguri, grappoli di candida clavelina (Clavelina lepadiformis), briozoi come il falso corallo (Miryapora truncata) e le corna d’alce (Pentapora fascialis). E poi i pesci, che a volte sono davvero tanti: oltre alle onnipresenti murene, sciami di anthias, dentici in corsa, grosse tanute, ricciole nelle stagioni del passo e tant’altro ancora. Bella, bellissima, la Secca dei Vricci! Ma l’immersione è impegnativa ed è destinata solo ai subacquei esperti.
6 – La cattedrale e le sue grotte (Consigliata a: tutti)
Palmarola riesce a stupire anche chi il mondo l’ha girato in lungo e in largo. È un’isola sui generis: un lembo di terra in mezzo al mare e senza un’anima, anche se d’estate vi soggiorna una popolazione provvisoria. Vale la pena andare a immergersi a Palmarola anche per conoscere le grotte di Cala Tramontana, che sono descritte nel bel libro di Fabrizio Volterra Palmarola, guida alle grotte sommerse.
L’isola, del resto, è ricca di grotte, sopra e sott’acqua. Quelle sottomarine sono, in massima parte, tunnel di facile esplorazione, senza pericolose diramazioni e a cielo aperto, tant’è che quasi in tutte si può entrare e proseguire fino al fondo con una piccola barca. Lungo l’arco di Cala Tramontana le grotte sono sette e i nomi sono suggestivi: Regina, Lucilla, Morgana, Tramontana, Grimilde, Odessa, Rebecca. Regina è la più lunga, con i suoi 75 metri e una biodiversità ben definita fra l’ambiente luminoso, quello in penombra pochi metri dopo l’ingresso e quello oscuro dell’interno.
Prima di immergerci, guardiamo Cala Tramontana, una baietta stupenda dove c’è la Cattedrale, una parete rocciosa alta e a picco che costituisce la pettata che forma la cala stessa. Cala Tramontana è un buon punto di ancoraggio, a ridosso dai venti che provengono da sud, da ovest e in parte da quelli che soffiano da est. Partendo da Punta delle Brecce, Morgana è la terza grotta che si incontra, e penetra per circa 37 metri nella roccia, con un tunnel ampio. L’immersione nella grotta Morgana è di tutta tranquillità anche per i subacquei che non vantano una consumata esperienza.
Un elemento comune a tutte le grotte è un distacco netto fra gli habitat bentonici esposti alla luce, alla penombra e, infine, all’ombra. Si passa dalla roccia concrezionata di spugne e madrepore dell’ambiente scarsamente illuminato, al substrato nudo e pulito dell’oscurità. Nelle grotte della Cattedrale la specie più comune è il gambero esca (Palaemon serratus), dal corpo biancastro e trasparente, con righe scure nel senso dorso-ventre.
Quando si esce dalle grotte, vale la pena effettuare un’ esplorazione del fondo sedimentoso, dove occhieggiano isole di verde posidonia. Sulla sabbia chiara e grossa si possono trovare pesci lucertola, rombi e tracine. Nella posidonia vivono famiglie nutrite di labridi: si incontrano il tordo verde, il tordo grigio e il fischietto, ma vi sono anche altri pesci, come lo sciarrano e qualche bel sarago fra i gruppi di scogli. Di notte escono allo scoperto e sono uno spettacolo.
ZANNONE
7 – La secca del varo (Consigliata a tutti in assenza di corrente)
Partendo da Gavi e continuando lungo la retta che unisce Le Scoglietelle, la Chiana di Mezzo e lo Scoglio Grosso, un attimo prima di raggiungere Zannone, ci troveremo sulla Secca del Varo, con il cappello che giunge sino a 3 metri dal pelo dell’acqua. La secca si trova a circa 500 metri dalla Punta del Varo, in direzione sudovest. Grazie all’alto livello di limpidezza dell’acqua, con un minimo di attenzione si scorgerà il punto meno profondo della secca, caratterizzato da roccia ammantata di alghe scure. Il versante più spettacolare da esplorare è certamente quello nord-occidentale, che scende subito intorno ai 30 metri e oltre.
Vi sono cernie e altre specie stanziali e di tana in un’acqua di infinita trasparenza, con un’immensa quantità di argentea minutaglia che sciama tutt’intorno e che richiama voraci e velocissimi pesci pelagici. Abitualmente, sul fondo si trovano polpi, murene, gronghi, che di giorno vanno individuati nelle tane, poiché questo pesce ha, com’è noto, abitudini prettamente notturne. L’immersione sulla Secca del Varo è suggerita a tutti i subacquei, con ogni livello di esperienza, quando non c’è corrente, altrimenti solo agli esperti.
VENTOTENE
8 – Punta dell’arco (Consigliata a: medio esperti)
Punta dell’Arco è l’estremità meridionale di Ventotene, il massiccio che precipita verticale in acqua e forma la testa della balena a cui, con un briciolo di fantasia, Ventotene potrebbe assomigliare, vista da lontano. Si dice che proprio qui, a Punta dell’Arco, sia iniziata l’eruzione vulcanica che diede origine all’isola. Il plateau roccioso, che oscilla fra i -16 metri sotto costa e i -40 verso il largo, è ricco di grotte, grossi massi tondeggianti, spacche, ed è molto esteso, tant’è che sono necessarie almeno tre immersioni per esplorarlo tutto. Proprio qui, a punta dell’Arco, è stato recuperato il grande dolium che si può ammirare nel museo archeologico di Ventotene. Durante le nostre immersioni potremmo trovare cocci d’anfora, antiche tegole, ceppi d’ancora.
Ricordiamo che vanno lasciati sul posto o, comunque, consegnati alle autorità dell’isola. Il sito è interessante anche da un punto di vista naturalistico: vi sono, ad esempio grandi esemplari di Pinna nobilis, forse fra i più grandi reperibili nel mare delle Ponziane, e numerose gorgonie gialle. Nel blu si trova spesso tanto pesce: banchi di ricciòle e palàmite, dentici, con cui si cimentano i più appassionati trainisti. L’immersione sul vasto fondale di Punta dell’Arco non prevede grandi difficoltà: è consigliata a subacquei di media esperienza, ma, ovviamente, è necessario scendere con una guida che conosca bene il sito, se non altro per organizzare un’escursione ben articolata, ad evitare di passare sugli stessi punti. A breve distanza da Punta dell’Arco vi sono altri punti d’immersione degni di nota, come la Grotta dei Gamberi e Il Nardone.
9 – Punta Pascone (Consigliata a: tutti)
Siamo lungo la costa nord-occidentale di Ventotene, quasi a metà fra Punta Eolo e Punta dell’Arco, in prossimità della suggestiva cala di Parata Grande. Punta Pascone è un bellissimo punto d’immersione per tutti i subacquei alle prime armi che desiderano effettuare un’immersione interessante e per chi ha voglia di scendere in bassa profondità e vedere cose belle in tutta tranquillità. Con i suoi 18 metri al piede della parete, è anche una bella palestra per la fotografia subacquea naturalistica notturna: la roccia, infatti, è ricca di fauna sessile e di colori. Si possono trovare piccole aragoste, crostacei di ogni specie e pesci di tana, come murene e cerniotte. Ciliegina sulla torta, due grotte di facilissima esplorazione, che di giorno offrono dei suggestivi giochi di luce e possono stuzzicare l’estro creativo dei fotografi. L’immersione si conduce essenzialmente in parete.
SANTO STEFANO
10 – La secca della Molara (Consigliata a: tutti)
La Secca de La Molara o, più semplicemente, La Molara, si trova nello stretto fra Ventotene e Santo Stefano, decisamente più vicina a Santo Stefano, in prossimità del suo versante meridionale. La Molara deve il suo nome alla presenza di grandi macine da mulino (dette mole), appartenenti al patrimonio archeologico di queste acque. È uno specchio acqueo dove ormai vive stabilmente una grande colonia di barracuda. Gli argentei pesci sono visibili nella stagione calda, e nell’acqua limpidissima sono uno spettacolo superbo, ed anche per questo è una delle immersioni ventotenesi che riscuotono maggior successo. Da un fondale di sabbia bianca, a meno di 30 metri di profondità, si eleva una dorsale rocciosa, in direzione sud sud-ovest, costituita da massi ciclopici accatastati, il cui sommo giunge a pochi metri dalla superficie.
Al centro della secca si osservano tre pinnacoli, con la parte alta a circa -15 metri. Fra i massi della secca vive un’importante fauna ittica, costituita da pesci stanziali di tana e pesci da acqua libera. Nei periodi del passo si osservano moltissimi pelagici, fra cui banchi di palamite, lecce e ricciòle. È interessante anche la microfauna, per la felicità del fotografo naturalista. Sul versante meridionale della secca, giace sul fondo, ormai in un tutt’uno con la roccia e ben nota ai sub che s’immergono in queste acque, una grande ancora. Trovandoci in uno stretto, spesso le acque de La Molara sono interessate da sostenute correnti marine, in ragione di quel noto fenomeno, l’Effetto Venturi, che spiega come il flusso di un fluido che s’incanala in una strettoia aumenti di velocità.